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   MONTE BIANCO - normale per il rif. Gonella , 17/07/2023
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Onicer  maurizio1972   
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  Val Veny (Courmayeur) - 1°parcheggio  (1500 m)
Quota attacco  3071 m
Quota arrivo  4810 m
Dislivello della via  3500 m
Difficoltà  PD ( pendenza 45° / I in roccia )
Esposizione in salita Varia
Rifugio di appoggio  Rifugio Gonella, capanna Vallot
Attrezzatura consigliata  Nda alta quota. Corda da 30 m sufficiente (60m se si scende dai tre monti)
Itinerari collegati  Monte Bianco (4810m), Via normale per il rif. Gonella
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Con e grazie a Claudio Lussana , da lui è partita la proposta ed è lui che farà da primo in salita. Condizioni ancora più che buone dell’itinerario (al 17 luglio), ma che degraderanno rapidamente sul ghiacciaio del Dome se lo 0° termico rimarrà costantemente alto… consigliato, se si rientra dallo stesso itinerario arrivare e discendere molto presto dalla cima per non rischiare inutilmente sul ghiacciaio.
Spettacolare avventura pensata e voluta senza facilitazioni e compromessi, senza trenini e funivie, partendo da Courmayeur: alla fine saranno almeno 3500 mt di dislivello con sali e scendi, sveglia alle 24 in rifugio e poi marcia continua fino al rientro alla macchina alle 7 di sera: 19 ore, di cui 11 ore legati assieme in perfetta sintonia e sincronia di movimenti. Sono emozioni che solo l’alpinismo ti permette di provare… Solo arrivare al Gonella lungo il morente ghiacciaio del Miage è una cavalcata infinita, lungo un sentiero più alpinistico che escursionistico, spesso anche da interpretare e improvvisare nella parte bassa. Partiamo dal parcheggio basso della Val Veny poco oltre Hobo Camping (1530mt). Siamo carichi in tutti i sensi: come muli e di aspettative, ma anche di molti timori. L’aria è frizzante alle 9 del mattino e il sole è velato, per cui saliamo chiacchierando amabilmente senza accorgerci della lunghezza del percorso. Al rientro saremo meno baldanzosi… Ci godiamo il fondo valle superati da famiglie in direzione laghetto del Miage. Lo raggiungiamo, aggiungendo qualche saliscendi e improvvisando l’ingresso nella morena. Da qui in poi una selvaggia pietraia, un labirinto di dossoni che alternano pietre a inghiottitoi di ghiaccio e detriti instabili. Il terreno è in continua evoluzione per cui non esiste un vero sentiero, anche gli ometti sembrano essere posti a casaccio… decidiamo di stare nel mezzo, con terreno maggiormente assestato, ma con un continuo ed estenuante saliscendi. Finalmente si incontrano i primi nevai che aiutano decisamente la progressione e che accompagnano verso la parte terminale e tormentata del ghiacciaio. Proprio quando compaiono i primi crepi si volge a destra e si affronta su roccia marcia e complessivamente malsana il sentiero attrezzato che fa guadagnare quota verso il Gonella. Qualche traverso nevoso e qualche piccola frana costringono ad una costante attenzione. Dopo 5.30H siamo al nostro nido d’aquila. Abbiamo dosato le energie per quello che ci aspetta solo tra poche ore e con zaini ulteriormente carichi per l’idea di fare (se giunti in vetta con meteo perfetto) la discesa per la traversata dei 3 monti fino al Cosmiques. Quindi chiodi da ghiaccio e 2 corde da 30 mt per effettuare una doppia su tratto ghiacciato, sperando che le condizioni non siano peggiorate a causa del caldo che di giorno in giorno cambia il volto della montagna e fa affiorare nuovo ghiaccio… In rifugio ottimo trattamento e disponibilità a dare info aggiornate. In giornata non è salito nessuno per vento forte e nebbia persistente in vetta, anche le guide sono tornate indietro. Non un buon viatico, visto che per l’indomani il vento è dato in ulteriore rinforzo…. Rifugio non strapieno e assenza di guide testimoniano che la normale italiana venga ingiustamente e progressivamente sostituita dalle più sbrigative vie francesi. Un peccato perché il rifugio è molto bello e ben tenuto e l’atmosfera raccolta riporta al pionierismo alpinistico, fatto soprattutto di fatica e lunghi avvicinamenti. Poche ore di sonno con tanti pensieri che ben conosce chi si appresta ad una ascesa alpinistica. Sveglia e colazione per tutti a mezzanotte, ma molti hanno anticipato per prevenire vento e peggioramento meteo. Ci consultiamo e decidiamo che, giunti o meno in vetta, saremmo discesi dalla stessa via di salita e quindi lasciamo in rifugio una mezza corda e poco altro. 0.45 si parte nel buio, l’emozione del ghiacciaio del Dome in una notte stellata e ancora non troppo ventosa. Il ghiacciaio è in buone condizioni, e anche se la neve non è rigelata, la traccia è evidente. I crepacci sono numerosi e quasi tutti intuibili o aperti. In salita li saltiamo (saranno una decina di saltini), all’incirca 1 metro o poco più in larghezza, ma bisogna fare attenzione alle labbra dei crepacci, perché non sembrano stabilissime. Al ritorno, con la luce, riusciremo ad aggirarli tutti. Passiamo una inquietante serraccata di blocchi instabili e i crepacci si fanno enormi, facendoti sentire un moscerino al cospetto di un gigante severo. Nella notte hai la mente attenta, ma in uno stato di vago intorpidimento dato dalla quota e dal sublime della natura, bello, ma terribile nella sua imponenza. Le porte di un mondo di ghiaccio di vari colori e forme cambiano i riferimenti, le prospettive e la percezione… può far sorridere, ma è una sorta di viaggio psichedelico in un mondo arcaico, selvaggio, forte, ma condannato dalla Hybris dell’uomo… La parte alta del ghiacciaio del Dome inizia ad essere in sofferenza e troviamo un po' di ghiaccio, tra l’altro sul ripido. Poi la neve lascia il passo a roccette alternate a brevi tratti di misto fino al Col des Aiguilles Grises (3810 m). Poi neve costante salendo al Piton des Italiens (4002 m); qui inizia la cresta e con essa anche le raffiche di vento… La parte iniziale della cresta è più sottile ed esposta, poi si allarga prima della cima del Dôme du Goûter (4304 m). Comunque, su tutta la cresta condizioni di neve costante, dura e perfettamente tracciata. Qui, spettacolare inizia l’aurora ad accendere i ghiacciai, ma lo spettacolo è breve perché il vento implacabile ci costringe ad infilarci nel provvidenziale bivacco Vallot (4340mt). Entrando si palesa un concentrato di sofferenza umana, tutti, chi più chi meno sono provati da quota e vento: psicologicamente ciò incide molto, in tanti rinunceranno, anche perché col levarsi del sole si è coperta anche la vetta e si vedono passare, come corrente a getto, nuvole di umidità a scavalco della cresta. In breve decidiamo che è inutile aspettare molto (il giorno precedente c’è chi ha atteso inutilmente 2 ore in bivacco che il vento calasse). Si prova, a testa bassa, senza pensieri e senza parole, con la sola certezza che bisogna mettere un passo dopo l’altro. In alcuni punti bisogna fermarsi e resistere alle raffiche. Come fantasmi nella nebbia superiamo Grand e Petit Bosses e Rocher de la Tournette (4677 m); la cima sembra sempre ad un passo, ma nella nebbia non arriva mai… poi alle 7 del mattino finalmente la calotta sommitale e la fine della salita, ufficializzata dall’altimetro. La tensione e la gioia si scaricano, nel più completo whiteout e senza un filo di panorama, siamo comunque dove non pensavamo di arrivare e nell’unico posto che ha catalizzato i nostri pensieri negli ultimi giorni e nei progetti sognati da anni… Le parole non bastano a raccontare l’emozione provata, vorremmo goderci ancora l’ambiente aspettando un’apertura sul mondo sottostante, ma ci risveglia la consapevolezza che non siamo neppure a metà dell’opera: dalla vetta dobbiamo ritornare fino a Courmayeur! Con la gioia negli occhi scendiamo velocemente lungo la cresta, che, visto l’orario si mantiene ancora in ottime condizioni, peggiorando solo nel tratto affilato che precede il Piton Des Italiens. Il sole è implacabile e frolla la neve, anche perchè perdendo quota vento e nebbia diminuiscono e la temperatura reale o percepita sale. Il tratto di misto lo percorriamo con attenzione per non scaricare sassi sul sottostante ghiacciaio e su chi sale e anche perché con la stanchezza nelle gambe un errore è facile farlo… Un ostico punto di disarrampicata e una successiva paretina di ghiaccio ci impegnano maggiormente e poi finalmente rimettiamo piede sul ghiacciaio del Dome. Ovviamente con l’avanzare della giornata le condizioni del manto nevoso peggiorano, ma tutto sommato i tempi sono ancora ottimali. Decidiamo però, a differenza della salita, di aggirare quasi tutti i crepacci, affidandoci talvolta a qualche ponte di neve ancora stabile. Alcuni crepacci fanno veramente paura per la profondità… Un po' di apprensione per le scariche continue di roccia e ghiaccio nei punti più vicini alle pareti circostanti e poi soprattutto nel traverso sotto una tormentatissima serraccata… La neve è sempre più marcia e i crepacci almeno sempre più evidenti, ma siamo al traverso che precede il Gonella, che finalmente alle 11.30 raggiungiamo! Un monumentale piatto di pasta corona la sosta e poi la discesa infinita come spettri sbandati in mare di pietre moreniche. Letteralmente ci trasciniamo perdendo la traccia e maledicendo dubbi ometti e falsi bolli, dovendo salire e ridiscendere collinette moreniche e residui di ghiacciaio nero e coperto da detriti. L’inferno finisce in prossimità del laghetto del Miage, comparso come un miraggio nel deserto, ma rimane la strada della Val Veny fino al parcheggio.
Foto 1 - in vista della vetta dopo la Vallot
Foto 2 - Vetta!
Foto 3 - Il ghiacciaio del Dome dal Gonella
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