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   a Caprile in bici, 15/06/2006
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Onicer  oscarrampica
Regione  Veneto
Partenza  pandino  (0 m)
Quota massima  2000 m
Dislivello  2000 m
Sviluppo  400 km
Tipologia  AM - All Mountain
Difficoltà  II / S0 ( S1 )
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni Salita  Eccellenti
Condizioni Discesa  Eccellenti
Valutazione itinerario  Buono
Commento Non sono mai stato un ciclista per passione, forse più per necessità. Anche se poi devo ammettere che negli anni successivi a questa impresa isolata, conscio delle possibilità che bici e fisico mi permettevano mi sono dilettato a salire alcuni fra i passi mitici del ciclismo italiano come il Mortirolo il Gavia, il Giau.
Per necessità perché prima di avere l’auto la bici è rimasta per qualche anno la possibilità di percorrere lunghe distanze come questa avventura che contro i pareri di molte persone e ciclisti sono riuscito a realizzare con solo un migliaio scarso di km d’allenamento.
Decido dunque di raggiungere i miei genitori già in vacanza a caprile andandoci in bici. L’idea è quella di fare la prima tappa al convento di Villazzano dove amici mi han trovato da dormire e poi da li attraverso la val di fiemme raggiungere Moena e lì decidere se fare anche il passo Fedaia oppure accontentarsi del San Pellegrino e salire poi a Caprile.
Dunque sveglia prudente non conoscendo la mia tenuta alla distanza e velocità di crocera impostata tra i 20 e i 25 km/h. partenza da Pandino il 2/8/87 alle 5.00 .Ricordo un casuale incontro dalle parti di Soncino con lo Zio Franco che sorpreso di vedermi a quell’ora in bici e da quelle parti, con uno zaino enorme, sbiancò poi quando si sentì rispondere che andavo a Caprile in bici.
Ricordo poi che la prima tappa del viaggio sarebbe stata sul lago di garda che raggiunsi in quel di Desenzano bagnando i piedi e qualcosa di più alle 10 del mattino dopo i primi 100 km di viaggio. Stavo bene e rinfrescato e rifocillato ripartii sulla sponda sx del lago per percorrere la Gardesana occidentale sublime e bellissima striscia d’asfalto che con meravigliose viste sul lago m’accompagnò fino aRiva del garda che raggiunsi dopo 160 km alle 14.30. A quei tempi forse lontani dal moderno afflusso ciclistico molte gallerie erano ancora sprovviste d’illuminazione e ricordo come un incubo il loro attraversamento senza vedere nulla e andando nel buio assoluto assolutamente a sensazioni pronto a picchiare contro uno o l’altro lato roccioso. Improvvisamente poi i fari di un auto mi riportavano alla luce e a seconda della loro provenienza scartavo fino a bordo galleria col cuore che pompava impazzito. Al termine dei buchi rivedevo la luce in senso non solo metaforico. E che rabbia quando entravo nell’ennesima galleria non illuminata oppure la gioia quando potevo seguire il filare dei lampioncini. Però me la cavai maledicendo certo di non aver pensato di fornirmi almeno di una pila non avendo la mia MB alcun faretto.
Ripartenza dopo ave consumato un piccolo pranzetto sulle rive del lago, transito per Rovereto e arrivo a Trento per le 18 dopo 200km di bici in condizioni ancora decenti. Ricordo solo un po’ di stress perché non trovai subito il convento posizionato su una collinetta a Villazzano che raggiunsi soltanto più di 1 ora dopo.
Ma l’accoglienza gioiosa dei fraticelli e una cena coi fiocchi mi riconciliarono con la vita.
La mattina dopo lodi e colazione presi congedo alle 8 riprendendo a pedalare in tranquillità fra le mele della Val d’Adige fino ad Ora che raggiunsi alle 10.30 dopo 50 km di appena accennata salita.
Ora il gioco si faceva duro perché sarei dovuto salire ai 1100 mt del passo san lugano nei prox 15 km.
Ricordo la bellezza delle prime energiche pedalate in salita e la fatica delle ultime perché non ero praticamente quasi mai andato in salita in bici e svalicai veramente stanco ma felice che la pendenza svanì e potei ricominciare a spingere senza il pensiero che la prossima sarebbe potuta essere l’ultima pedalata.
Erano le 13 e mi fermai a contemplare la bellezza dei luoghi che stavo attraversando e a cercare nel sacchettino dei frati la ricompensa per le mie fatiche e la spinta per le successive. Con piacere e le gambe un po’ dure ricominciai a pedalare per i falsipiani della val di fiemme passando per Predazzo alle 14.30 e decidendo a Moena di rendere mitica l’avventura puntando Canazei quota 1500 (che raggiunsi alle 16.30) dopo 110 km dalla partenza del mattino.
Ora sarebbero iniziati i tornanti del Passo Fedaia che m’avrebbero portato ai 2050 metri del valico al cospetto della Marmolada ma soprattutto della seguente meravigliosa discesa che era l’unico stimolo per affrontare la salita. Fu quasi subito crisi lungo quei lunghissimi 14 km perché non ne avevo più.
Pedalai fino alla morte perché non volevo mettere piede a terra ma la battaglia impossibile da affrontare perché mancavano ancora troppi km mi fece scegliere il compromesso di non fermarmi ma alternare passo e bici tranne l’ultimo km che feci ancora pedalando. Arrivai barcollante al passo con la bici che ondeggiava spinta da scosse nervose più che da un armonia di pedali e con le gambe rigidissime entrai nel bar spinto da un furore cieco che era quello di ordinare una birra che sognavo da molte pedalate. Ordinai con un filo di voce alla cameriera che sembrava perfino carina e che commentò, mentre bevevo quasi fossi uscito da un deserto, che sti tedeschi bevon sempre birra. Lo disse in dialetto ma io compresi e dopo aver finito il boccale e notato che era proprio carina gli spiegai che non ero tedesco. Si scusò(dare del tedesco a un italiano da quelle parti è un offesa) e mi disse che aveva capito aine biir quando avevo ordinato.
Mi scusai anch’io perché sicuramente avevo sbiascicato e diventammo amici, ci scambiammo gli indirizzi e qualche sera passai poi a trovarla quando il locale chiudeva..
Felice anche per l’incontro e con i suoi occhi nei miei dopo qualche km pianeggiante attorno al lago mi lanciai ebbro di gioia per i 15 km di discesa che mancavano a raggiungere Caprile. Non pedalai praticamente più usando solo i freni e neanche troppo perché toccai i 96 km/h sul rettilineo di Capanna Bill e feci un lungo con capitombolo nel bosco senza conseguenze. Mezz’ora dopo entravo trionfalmente a Caprile con le gambe rotte il culo quasi ma il cuore gonfio di entusiasmo. Erano le 18 avevo percorso 200 km il primo giorno e 150 il secondo con 2000 mt di dislivello. Ero quasi un ciclista.

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