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   Marmolada invernale quota 3000, 14/03/2020
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Veneto
Partenza  passo fedaia  (2000 m)
Quota attacco  2000 m
Quota arrivo  3342 m
Dislivello della via  1300 m
Difficoltà  AD+ ( pendenza 50° )
Esposizione in salita Nord
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  picche tecniche viti ramponi
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  2 - Moderato
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Quasi due anni fa regalai a Giona per il suo compleanno la promessa di portarlo sul Civetta e sulla Marmolada cosa che( a causa del cambio di abitazione e lavori annessi) non siamo ancora riusciti a fare. Complice qualche giorno passato a Caprile gli propongo di tentare la Marmolada in invernale e lui(attratto come sempre dalle proposte eroiche) accetta. Testo la sua convinzione parlandogli del freddo e della necessità di usare picca e ramponi che non ha mai adoperato, ma lui è convinto a provarci. E così in una fredda e buia mattina d’inverno del 4/01/2020 parcheggio lo scudo al Passo Fedaia e alle 7 siamo pronti a muovere i primi incerti passi nella neve che ci accoglie fuori dal duro asfalto ghiacciato del parcheggio. Seguiamo delle peste che svoltano a sx e sono contento in cuor mio di poter seguire una traccia soprattutto per la speranza di trovare neve pestata o trasformata in grado di sorreggerci. Per precauzione, ho comunque con me un paio di ciaspe. Cammino in silenzio seguendo l’arrivo della pista da sci che comincia ad inclinarsi vs l’alto, nel silenzio più totale rotto solo da qualche saltuario transito al passo sotto di noi e animato dal fascio di luce della frontale. Poi un urlo terribile squarcia la notte. Ho riconosciuto la voce di Giona ma non lo vedo e prima che mi preoccupi mi avverte che gli si è spenta la frontale e quindi si era fermato per provare a sistemarla. Lo aspetto e ripartiamo alla luce della mia. Pochi passi in salita dopo le prime strisce di arancione segnalano l’alba che sorge vs l’Antelao e il Pelmo. Salgo del mio passo che so non essere particolarmente allenato in questo periodo ma Gio non lo tiene e con un poco d’apprensione seguo il suo incedere un poco fiacco. Vedo anche che ci stiamo allontanando dai paloni della bidonvia che serve il Pian dei Fiacconi ma non abbiamo alternative al seguire la traccia che pare avventurarsi lungo la pista da sci chiaramente deserta a quest’ora, e che sale in direzione del freddo Piz Serauta. Intanto il cielo si colora di sbuffi rosa e ad un certo punto voltandomi vedo il Piz Boè bello come non l’avevo visto mai: la sua bastionata solitamente un poco anonima risplende di rosa sul buio delle vallate inferiori lanciando vs il cielo la cupola sommitale che bianca risplende nel cielo appena chiaro e pennellato d’arancione. Poco più a dx fanno gara civettuola fra loro le tre tofane che formano una vera e propria sublime corona dorata. Il Sassolungo è invece sporcato dai fili della bidonvia cui ci siamo nuovamente riavvicinati. Ora il sole è arrivato anche sulla Punta di Penia e la croce appare riconoscibile ma lontanissima. Alle 8.30 arriviamo sotto al Rifugio Pian dei Fiacconi e il bacino glaciale della Marmolada appare in tutta la sua bellezza immacolata. A dx emergono le slanciate e possenti punte del Gran Vernel e della Roda de Mulon e affiorano insieme i ricordi di altre epiche giornate. Ci rifugiamo con Giona,che nel frattempo ha recuperato passo e forze, nel locale d’arrivo della bidonvia dove il solo riparo dal vento fa sembrare meno fredda la giornata. Chiedo se è tutto ok, se se la sente di proseguire. Ma non ho dubbi sulla risposta, e allora dopo una timida e gelida colazione riscaldata da thè bollente ripartiamo per l’assalto che prevede di affrontare quasi subito il tratto più ripido del ghiacciaio , buon banco di prova per testare l’ uso dei ramponi e della picca. Alle 9.15 ripartiamo e poco dopo il ghiacciaio, passando a sx della gobba vetrata e scoperta, s’impenna fino a 40/45° ma la neve perfettamente trasformata, si fa mordere con facilità dalle punte dei nostri ramponi rendendo piacevole e sicura la nostra progressione. Alle 10 siamo fuori dal muretto e pronti ad affrontare la Valle del Silenzio che ci porterà, traversando vs dx, all’inizio del canale attrezzato,ultimo ostacolo vs la cresta finale. Scatto una foto a Gio che si è ben comportato e che m’appare come un vero alpinista sferzato dal severo vento dell’alta quota ma ben bardato tra casco e materiale tecnico per sfidare le intemperie. Cominciamo a traversare in una luce strana che rende difficile mettere a fuoco la reale pendenza del pendio che traversiamo. Improvvisamente faccio notare a Gio il quadrato foro sulla parete che ci fronteggia e che sta ad indicare dove venne costruito il primo rifugio sulla Marmolada agli inizi del 900: ora occhieggia 50 mt sopra il livello del ghiacciaio! E’ veramente inconcepibile pensare a quanto ghiaccio si è sciolto e sparito. Quando ormai siamo in vista di un piolo che segna l’inizio del tratto attrezzato, mi rendo conto guardando vs il basso che la pendenza è maggiore di quello che sembrava e che scivolare sul pendio sotto di noi potrebbe essere pericoloso: infatti il circolo compiuto ci ha portato a ridosso delle rocce del catino e tutto sta diventando molto più ripido. Osservo ancora il pendio sottostante pensando a Gio che per la prima volta sta usando i ramponi e che mi pare comunque tranquillo. L’inizio del canale attrezzato è a circa una decina di metri da noi e raggiungere il piolo metallico significherebbe potersi assicurare e ragionare con calma sul proseguio. Sono le 12.30, faccio ancora qualche passo nella direzione del piolo ma la pendenza si accentua e soprattutto la neve diventa dura e smerigliata con le punte dei ramponi che mordono a fatica e solo la picca regala sicurezza se mandata a colpire con violenza. Capisco che per Gio è troppo. Mi fermo a studiare la situazione ma procedere significherebbe doversi assicurare e dovremmo usare viti che non abbiamo e la corda da sola ci servirebbe a poco. Per un attimo penso a come sarebbe bello avere le picche tecniche e partire all’assalto del bel pendio a 40/50° che s’apre vs il cielo ma ritorno subito a pensare alla sicurezza di Giona, che comunque è ben fermo sulle punte dei suoi ramponi. Mi metto comunque a scalciare il muro di neve fino a riuscire a spaccarlo per creare dei buchi più accoglienti e sicuri per poggiarci i piedi. Gio ci si infila e io mi rilasso, poi lo supero vs il basso e vado avanti a fare buconi finchè il manto torna un poco più morbido e possiamo riprendere la discesa con più sicurezza. Veramente strano come ci siamo trovati improvvisamente in difficoltà senza avere il tempo di rendercene conto. Ma ora siamo in una zona più sicura del ghiacciaio e possiamo rilassarci. Gio ha superato la prova senza avere paura. Ci rilassiamo scattando foto e assaporando con sguardi d’ammirazione la regina delle dolomiti che occhieggia indomita sorridendoci sarcastica. Torneremo e ce la faremo. Per ora non resta che scendere e dopo una nuova pausa al riparo del punto d’arrivo dell’ex bidonvia, riprendiamo la discesa che per ampi curvoni seguendo le peste dell’andata ci riporta al lago di Fedaia per le 15.30. Foto vs il Civetta in posa oltre il lago e poi torniamo felici per la giornata trascorsa nell’aria sottile.
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