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   Aletschorn(Aletschjoch), 03/09/2019
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Svizzera
Partenza  FiescherAlp  (2200 m)
Quota attacco  2600 m
Quota arrivo  4125 m
Dislivello della via  1600 m
Difficoltà  PD+ ( pendenza 50° / II in roccia )
Esposizione in salita Varia
Rifugio di appoggio  NO
Attrezzatura consigliata  Picca corda e ramponi
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Pessime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Programmata con Zeno per questi giorni di libertà d’agosto una traversata per creste che dovrebbe condurci dalla Valtellina a punta scais, mi ritrovo senza il socio… disperso senza cell tra piemonte e lombardia. Provo allora a chiamare Emanuele a cui dico di non esser pronto per provare la Dufour e che convinco a tentare l’Aletschorn in Svizzera nel mondo di ghiaccio più grande d’Europa. Preparativi frenetici fra mille pensieri e problemi di trasloco ,gestione di casa e altro. Poi nel pomeriggio, scopro che il bivacco che dovremmo raggiungere è stato spazzato via da una valanga. Dopo altri ragionamenti propongo a manu di tentare con la tenda e lui raccoglie entusiasta l’idea. L’indomani si parte.
E così l’8/8 partiamo da Sergnano lasciando un paese investito dalla tromba d’aria i cui segni marcano le vie. Trascorre tranquillo il viaggio vs la Suisse al di là del tentativo del mio Garmin di farci passare per Lugano e dello scoramento al Passo del Sempione per la vista della nera parete nord del Fletschorn, scalata qualche anno fa e che ora giace come una donna violentata, abusata e spogliata del suo cando mandido da quello stupratore seriale del riscaldamento globale. Pagato il dazio di parcheggio e biglietto saliamo in funivia verso i 2200 mt di FiescherAlp scherzando su come la cortesia in Svizzera verso i pedoni sia rispetto della legge, non propensione dell’animo. Alle 12.30 partiamo lasciandoci alle spalle il mercato di gente e ci incamminiamo sull’ampia strada sterrata vs il tunnel nella montagna che ci porterà nella valle dell’Aletschgletscher. Manu si accolla generosamente la tenda, io porto corda e materiale. Un ora dopo usciamo dal ventre della montagna e davanti al laghettino della gletscherstube chiediamo dove andare.
Pochi minuti dopo il mostro appare: sembra muoversi anche se occupa immobile il fondo della valle che lo ospita. Esercita su di me un fascino magnetico che si accentua ad ogni passo che compio nella discesa che ci porta ad incontrarlo. Ci aspetta con un enorme bocca spalancata che si alza decine di metri sopra i turisti attoniti che la contemplano dal basso verso l’alto in un misto di ammirazione e spavento. Noi dopo qualche attimo di sbigottimento ci mettiamo più prosaicamente a cercare un punto dove risalire il suo liscio fianco dai colori grigiastri. Pare di salire sul corpo di una balena spiaggiata e appena recuperiamo la posizione orizzontale la sensazione di isolamento è immediata e desolante. No people, only ice and sky.
In questa strana dimensione viaggiamo senza ramponi cercando il passaggio fra i vari crepacci e prendendo man mano più confidenza coi balzi necessari a superarli. Vs Konkordiaplatz il serpente si snoda in direzione delle pareti del Monch e del Treugberg che impreziosiscono il panorama. Noi continuiamo a circumnavigare in attesa dell’approdo dall’altra parte del fiume di ghiaccio e dopo un paio di intermedie strisce terrose dobbiamo evitare un imponente zona seraccata e con ampi giri virare in discesa a sx vs la terraferma. L’attraversamento ci ha richiesto un ora e nel frattempo sono arrivate le 15. Ora si tratta di fiancheggiare il ghiacciaio fino ad arrivare alla valle che risale vs la nostra cima e scegliamo di farlo costeggiando la base dell’ Olmenhorm, cercando di non perdere completamente quota e tagliare un poco, scelta complicata per l’irregolarità del terreno. Comunque circa mezz’ora dopo si apre davanti a noi l’infinita vallata che dovremo risalire. A tratti qualche ometto o traccia di rimasuglio di sentiero, ma per lo più andiamo a naso nella direzione logica. Fa caldo,siamo carichi,camminiamo su terreno disagevole e non prendiamo quota..e il tempo passa inesorabile e questa valle sembra non finire mai, e sudiamo, sudiamo. Verso le 18 quando il fronte del ghiacciaio si alza davanti a noi raggiungiamo una zona completamente sottosopra per probabili recenti franamenti,colate di terra friabile ovunque e la pareti terrose che ci circondano sembrano aspettare solo la prossima pioggia per scivolare a valle. Pare di essere in un gigantesco cantiere con mucchi disordinati di detriti ovunque. Superiamo anche questo tratto e alle 18.30 non sappiamo più cosa fare perché il fronte del ghiacciaio davanti a noi è vergine e non pare semplice da risalire essendo anche di ghiaccio apparentemente duro e nero. I fianchi laterali sono molto dirupati e scoscesi e allora proviamo a chiamare il papà di Manu che passò di qua qualche anno orsono. Il colloquio telefonico con l’Italia è difficoltoso sia per la ricezione che per la comprensione geografica: capiamo solo che loro passarono per il ghiaccio dove correva allora la traccia. Non mi sembra oggi soluzione praticabile e decido, forte anche dell’indicazione di una relazione che ho con me, di risalire uno dei canali che solcano la parete a dx del ghiaccio , prima della cascata. Decidiamo per un tentativo “one shot” , o la va o la spacca perché non avremo sicuramente le forze per ridiscendere da un errato tentativo. Alle 19 ci muoviamo in direzione del canalone prescelto e arranchiamo sul pietrame quasi verticale. I primi metri sono i più difficoltosi e poi superiamo con brevi passi d’arrampicata la placchetta che ci consegna al tratto superiore del canalone che appare più appoggiato e poco dopo diventa anche più piacevolmente erbose. La fatica immane è ricompensata dall’evidente dislivello che saliamo guardando il ghiacciaio alla ns sx che man mano si abbassa, fino a diventare della nostra quota. Viaggio a occhio verso le placconate che dovrebbero sostenere l’ex bivacco e dopo qualche prato erto raggiungo una piccola porzione di pietrisco quasi orizzontale. La ripuliamo dai sassi più grandi; diventerà il nostro posto tenda. Ormai la sera cala e poco prima delle 21 la tenda è eretta. Non fa freddo, consumiamo la cena all’aperto e rientriamo per le poche ore di sonno che desideriamo concederci prima della scalata dell’indomani. Sveglia alle 4.30 perché non vogliamo fare troppa strada al buio vista l’incertezza del percorso che ci attende fra le placconate. Dormiamo a metà strada fra il bene e il male non avendo portato i materassini e alle 5.30 cominciamo al buio a pestar sassi: l’attraversamento della placconata dove c’era il bivacco è più semplice del previsto e alle 6 raggiungiamo il margine del ghiacciaio dove ci fermiamo per calzare i ramponi. Dobbiamo salire il nevaio pian piano vs il ripido finale che dà accesso all’Aletschjoch da cui parte la cresta che dovremo seguire in direzione della vetta. Poco prima delle 6.30 il sole raggiunge la cupola nevosa dell’aletsch e inonda d’arancione le nevi che ci attendono. Continuiamo lenti a salire fino all’impennata finale dove la neve indurita mi costringe prima a qualche passo sulle rocce e poi a qualche scalciata decisa per raggiungere il colletto a 3615 mt di quota. Il vento che sopraggiunge e il panorama mi lasciano senza fiato e mi giro ad osservare Manu che alla base del tratto ripido sta riprendendo fiato. Gli dico di prendere la piccozza e intanto che risale studio la situazione. Sono stanco, manu mi sembra cotto e davanti abbiamo un 4000 inviolato e intonso di neve vergine. Mi salgono dubbi anche perché proseguire nel nulla su una cresta nevosa già scaldata dal primo sole dilaterebbe i tempi di un percorso già lunghissimo e anche incerto. Il tempo che manu impiega a raggiungermi mi aiuta a prendere la dolorosa decisione e gliela comunico. Guardo ancora la montagna e vedendola così pulita mi fa pensare alle condizioni dei primi scalatori che si trovavano davanti questi austeri pendii vergini e dovevano decidere se e come proseguire in base al loro istinto. Saliamo di qualche passo lungo un canalino nel quale sprofondiamo immediatamente ma che ci permette di allargare lo sguardo e la meraviglia sull’immenso circo glaciale di Konkordiaplatz. La parete nevosa cade precipite nel vuoto,sembra di stare sul Lyskamm a contemplare la nord e guardare l’affilata e aerea cresta che sale vs il Dreiekhorn accende mille desideri. Ma per oggi bisogna accontentarsi di far planare lo sguardo come un aquilone nell’immenso spazio raccolto tra tutte queste pareti che escono dal loro basamento glaciale. Panorama davvero unico nell’arco alpino che racchiude come in uno scrigno Jungfrau monch eiger fiescherhorn e Finsteraarhorn solo per citare i colossi più famosi. Ringrazio l’era digitale che mi permette di continuare a schiacciare come assatanato il tastino della macchina fotografica e poi ci voltiamo per iniziare l’incubo della discesa. Dico subito a manu che non dovremo perder tempo se vogliamo riuscire a prendere l’ultima funivia delle 18.30. Alle 11 arriviamo alla tenda e iniziamo le operazioni di smontaggio; ricordo a manu che siamo al limite coi tempi e mezz’ora dopo cominciamo a scendere con l’ansia di riuscire a trovare il canalone da cui siamo saliti: temo infatti di potermi perdere rammentando i giri per la parete risalita ieri. Infatti ad un certo punto non mi orizzonto più nella ricerca del canalone che dovrebbe portarci a terra e manu insiste per provare a scenderne un altro che gli sembra arrivare a terra: all’inizio resisto ma poi privo di valide alternative assecondo la sua intuizione che si rivela vincente. Alle 12.30 fotogafo(..non si sa mai..) il canalone disceso molto sgarruppato ma logisticamente la probabile miglior scelta e ben segnalato da un bellissimo scudo roccioso alla sua dx.
Siamo salvi, non resta che rimetter le gambe in spalla e camminare,camminare,camminare. Forti delle fatiche dell’andata proviamo alternative differenti di percorso stando più sul ghiaccio e pare di scendere un poco più veloci anche se caldo e sete accompagnano ogni nostro passo. Manu è in preda ad una crisi idrica che lo porta a bere continuamente e io a dirgli di non fermarsi in continuazione che perdiamo la funivia, che quell’acqua di ghiacciaio priva di sali non lo disseta…
Comunque il mostro di ghiaccio sembra avvicinarsi velocemente e alle 15 siamo già al suo fianco. Ora basterà risalirlo fino ad arrivare al punto di attraversamento dell’andata. Seguo con rinnovata fiducia ed entusiasmo qualche ometto non visto all’andata e già sogno un sentiero sfuggito venendo e che ci riporti velocemente al punto di traversata evitando le traversie precedenti. Ma presto gli ometti spariscono fra i sassi e allora comincio a rimontare la pietraia a lato del mostro fra infiniti saliscendi e massi da scavalcare.
Il tempo torna a rotolare mentre facciamo pochi progressi in termini di distanza fino a quando una parete rocciosa insormontabile sbarra il nostro cammino. Attendo manu e innervosito ci ricongiungiamo alla ricerca di un nuovo passaggio nel caos roccioso, ma ben presto mi convinco che è meglio aggirare completamente le lisce e montonate rocce che ci sbarrano il passo. Così faccio ma sono stufo stanco, scorato , senza energie ma riesco di rabbia a salire un canalino che mi proietta oltre la barriera e vedo la salvezza. Ritorna l’energia, ma è passata un'altra ora. Ce la faremo? troviamo rapidamente il passaggio che ci permette di accedere al ghiacciaio ma dopo un inizio brillante torniamo nuovamente a perder tempo nel labirinto di crepacci insuperabili. Più volte facciamo improbabili e inutili giri e solo alle 17 finalmente torniamo a metter piede sulla terra. Sono convinto che la risalita vs il tunnel porrà fine alle nostre speranze di fare in tempo ma invece siamo insolitamente rapidi, stante le nostre presunte condizioni, e allora la fiducia riprende a far mulinare le nostre gambe. Il primo cartellino che troviamo dice che ci vogliono 1h e 20 min. per arrivare alla funivia: noi ne abbiamo a disposizione solo 57. Iniziamo una marcia furiosa,una competizione contro il tempo e noi stessi, tutta di testa, e anche Manu mi sorprende per la grinta ritrovata.
Ogni cartellino coi tempi ci lascia sospesi nei dubbi ma alla fine alle 18.26 facciamo il nostro ingresso trionfante a FiescherAlp in tempo per acquistare i biglietti, bere alla fontana acqua che sa di acqua e accorgersi quando ci stiamo buttando al volo verso la funivia…che l’orario di partenza è per le 18.40.
Poco male, ci sediamo, sorridiamo, sentiamo la vita tornare dolce nelle nostre stanche membra, i pensieri tornare come farfalle a colorare i prati dell’immaginazione. E’ stata dura, è stato bello. Grazie Manu mio nuovo compagno..alla prossima. Dalle 15 alle 18.30 ho fatto solo una foto a testimonianza dell’impegno assoluto del nostro rush finale.
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