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   Viaz de la Tana de l'Ors, 30/10/2022
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Veneto
Partenza  Rifugio Casel Sora 'l Sass (1580m)
Quota attacco  1800 m
Quota arrivo  2100 m
Dislivello  300 m
Difficoltà  PD / III ( II obbl. )
Esposizione  Varia
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  il passaggio della Scafa è particolare perchè esposto ,il tratto dell'attacco del Viaz( o fine a seconda del senso di percorrenza) e la discesa complessa del canalone suggeriscono la prudenza di avere la corda
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento 16 ottobre 2022, la luce mi sveglia e dopo qualche controllo, corro fuori dalla bella baita in legno adibita a ricovero invernale del Rifugio Casel Sora ‘l Sass dove ho passato la notte dopo aver compiuto ieri la Traversata Superiore degli Spiz de Mezzodì. Faccio appena in tempo a fotografare lo Spiz di Moschesin, la Gardesana e il Tamer che s’incendiano del sole rosso del nuovo giorno. Poi rientro a sistemare zaino e baita, colazione e riparto alle 7.45. Fotografo il piccolo rifugio e i suoi fiori ancora addormentato e scivolo sull’erba umida prima di sparire nel bosco. Salgo come a giugno verso il cuore degli Spiz sulle tracce di ieri e il Pelmo arancione e maestoso saluta. I ripidi ghiaioni mi mettono subito in crisi e capisco che anche oggi non sarà una grande giornata. Fortuna che mezz’ora dopo arrivo al bivio del Giaron Dantre i Spiz e abbandono la cruenta salita su pietrame in favore del bel sentiero che scarta a sinistra verso il Belvedere. Salendo magnifica la vista sugli intrecciati Spiz Mary nord ed Est che mi godo stando attento sullo stretto sentierino attrezzato che poi risale via cavo una fascia rocciosa che mi consegna al bivio verso Forcella Col Pelos. Mollo lo zaino e percorro i pochi metri che mi separano dalla piatta ed estremamente scenografica cima dello Spiz Belvedere (q.1964, h 8.45). che posto incantevole, ci vorrebbe forse una panca ma forse denigrerebbe a cittadino un posto che comunque selvaggio rimane. Lo sguardo plana sulle ali nel vuoto sopra la Val Zoldana e risale verso il Pelmo, il Sirapiss e l’Antelao che stanno proprio davanti. A sinistra Civetta, Moiazze fino alla Gardesana perché il solito Moschesin è nascosto dietro le turrite sagome degli Spiz Nordovest e Tiziana. A sinistra il regno magico di Bosconero anticipa le terre leggendarie del Duranno che spunta di lato e cui la cresta di Nisia si pone davanti per riuscire a catturare l’attenzione se non per la sua mole certo per la sua bellezza. La fotografo più volte ripromettendomi di contraccambiare le le attenzioni. Immerso nella bellezza ritorno lieve sui miei passi, carico lo zaino e zompetto felice nella luce del mattino lungo il bel sentiero di costa, che fra mughi e banche scorre sotto le ardite Pale dei Vant e mira alla lontana forcella. La luna bianca macchia il cielo blu sopra le guglie, passo un bivio che risale a F. La Porta e poco dopo arrivo nella verde oasi di Forcella di Col Pelos (q.1800, h9). Non ci son cartelli e per sicurezza, anche se ho già intravisto la traccia tra i mughi che dovrebbe segnare la via per il Viaz, vado oltre per maggior sicurezza. Orientatomi con maggior certezza,torno e mi fermo al sole per leggere la relazione e fare uno spuntino. Alle 9.45 riparto fra i tagli di mughi su una traccia comunque sufficientemente evidente e poco dopo una svolta mi permette di vedere il mio sentiero correr sotto parete dopo una svolta a destra. Supero mezz’ora dopo la partenza un descritto tratto franato e pochi minuti dopo sono di fronte al piccolo landro nella roccia con muretto a secco chiamato Pòsta de la Tana de l’Ors. Appena dopo oltre la svolta appare la temuta Scafa, una cengia rocciosa che si restringe fin quasi a scomparire e che costringe ad un esposto passaggio. Non c’è che dire lo spazio per i piedi c’è ma la parete è quasi verticale e sbilanciarsi verso il vuoto sembra un attimo. Per precauzione tolgo l’ingombrante e pesante zaino e muovo con cautela i primi passi semplici ma sul vuoto. Ora bisognerebbe aggirare la bombata sezione in cui la roccia si sporge costringendo a tenersi con le mani. Non vedo bene il passaggio in sicurezza e allora do uno sguardo al canale che scende e che è descritto come possibilità di aggiramento previa successiva risalita. Decido per questa via e allora torno a riprendere lo zaino e ripercorro la netta ma piccola cornice. Riguardo la Scafa e mai ci passerei con questo zaino! Scendo il canale con passi di II° e prima di arrivare sul fondo del canale sottostante (salto alto che sembra non semplicissimo), una cengia rocciosa a destra porta alla fine del canalone ascendente su terreno più semplice. Uff, abbandono lo zaino per muovermi libero e risalgo a vedere e poi trovata la traccia, incuriosito mi dirigo verso la Scafa da quest’altra parte. Ci arrivo e da questa parte vedo il duplice passo da fare per superarla ed essere al sicuro (Loris che sentirò qualche giorno dopo me lo confermerà) ma preferisco comunque non rischiare per niente e dopo qualche foto a ricordo torno allo zaino pronto a ripartire. Una fettuccia(per probabile sicura) è appesa ad uno spuntone poco più in alto ma necessita comunque di sollevarsi sulla placca. Certo in questi luoghi è profondissimo il senso d’isolamento certo accentuato dal fatto d’essere solo. Ora con tutti questi andirivieni, sono arrivate le 11.15 e sono sulla cengia più semplice dall’altra parte a fotograre in tutte le salse quella da cui sono arrivato e che con vista frontale oltre ad apparire magnifica, pare anche impossibile. Esco dall’insenatura e ritrovo le forme amiche di Duranno e Misia e Col Nudo e Cimon che serene immerse nel cielo osservano disincantate nella loro fissità. Un paio di svolte mi consegnano ad un nuovo breve tratto fra i mughi che mi consente con una foto di accomiatarmi dalla cengia della Scafa e di fermarmi a togliere la maglietta e rimanere solo in canottiera in questo insolita estate ottobrina. Riparto e mi trovo dopo una discesa terrosa sopra un salto roccioso di cui non capisco la complessità e che mi infonde smarrimento perché non vedo ometti da nessuna parte e mi viene qualche dubbio. Davanti a me un immenso canalone, porto sicuro per ora irraggiungibile e la sagoma dello Spiz Est che sale in cielo. Prendo la relazione e leggo. Non mi è chiaro se sono oppure no al punto chiave dell’attacco del Viaz e comunque dopo aver dato un occhiata in giro, non ci sono alternative ad affrontare il salto. Scatto una foto con la mia ombra che è proiettata sui ghiaioni basali e un poco la invidio. Come vorrei esse già giù. Riguardo da dove sono arrivato e poi seguo una cengetta a destra ma sembra perdersi nella parete dopo una pancia. Allora provo a scendere più direttamente e individuo un ometto che disarrampicando con difficoltà intorno al II° raggiungo e mi metto alle spalle quest’altro pezzo critico(h12). Mi volto più volte a fotografare ma non riesco bene a ricordare dove sono sceso e soltanto una volta che mi allontano riesco a capirci qualcosa ma non con certezza. Dal Web apprenderò poi (wikiloc zio mario) che si poteva anche seguire la cengia che io non ho percorso e disarrampicare dopo. Una grande cengia traversa la base dello Spiz Sud ma la relazione scarna, dice che devo salire e allora con qualche dubbio prendo a farlo sul lato destro indicato come migliore. Il paesaggio è immenso e spero in cuor mio di non sbagliare anche perché di ometti non se ne vedono. Salgo e mi rincuoro pensando che in caso di problemi il canalone che sto salendo scende in Val Venier e poi in Val Zoldana e rappresenta quindi una via di fuga possibile in caso di guai. Mi giro e scatto una bella foto della parete che ho disarrampicato e che rappresenta da questo lato l’attacco del Viaz. Proseguo a salire con il canalone che si stringe ed è diviso in due da un possente costone centrale. Sto ancora destra e quando le pareti si avvicinano temo di avere sbagliato ma poi esaurita la quinta rocciosa mi trovo improvvisamente dinanzi l’inconfondibile enorme banca del Zengion( h 12.40) che sarà larga almeno una trentina di metri. La percorro su scarna traccia fino ad un insenatura fra alte pareti e poi dall’altra parte in risalita prima e in ampi traversi poi fino a traversare sotto una sorta di tribuna rocciosa oltre la quale una svolta a destra regala l’ultima risalita che termina sul tenebroso vuoto della Val Pramper oltre il quale attende irraggiungibile per linea diretta la rotonda Cima del Venier. A destra la direzione obbligatoria porta ad affrontare facili roccette che consegnano raggiunto l’apice ad una cengetta mugosa che accompagna felice alla Forcella Nord del Piccolo Dente ( q.2100, h 13.30) che appare comunque solitario, possente ed altezzoso protetto da un profondo canalone che lo divide dalla mia posizione. Sospeso fra erbe roccia e cielo cerco una via di fuga verso il basso e un ometto è posto all’inizio di un canalone a destra e che sembra per quel che si vede, percorribile. Inizio a scendere con opportune deviazioni sulle paretine del lato destro con in fronte la Grande Civetta che fotografo col capo bianco. Il canale scende a salti non troppo impegnativo; evito un salto su massi incastrati sempre disarrampicando sul lato destro e poi mi trovo davanti un salto più alto e impegnativo. Cerco istintivamente in giro un posto per fare una doppia ma non vedo niente di buono e allora provo a deviare vs sinistra su un costone che mi permette dopo aver disceso una paretina con passi di II° di proseguire per un altro canale che però non mi sembra ancora quello principale che ho già percorso con Paolo Sora la Fopa in un’altra giornata e quindi rimango in tensione perché sono ancora alto e ho sotto di me tanto vuoto. Disarrampico un’altra paretina e mi trovo la strada sbarrata da un salto parecchio alto. Mi sale l’ansia anche perché dalla relazione pareva di dover scendere per un solo canale e invece..temo di aver sbagliato. Risalgo a sx e poi seguo il costone sopra un salto risalendo e trovando fortunosamente il punto di contatto fra il costone e il punto più alto del canalone in cui scendo felice fino ad incontrare il ramo principale che mi sembra di riconoscere. La tensione si scioglie ogni passo che faccio verso il basso perché vedo avvicinarsi sempre più la banca inclinata dove corre l’inizio del Viaz Sora la Fopa e che finalmente raggiungo alle 14.30. Sono a casa, felice e ora anche rilassato. Il sole vuol farmi i complimenti giocando a nascondino dietro un pinnacolo del Dente della Fopa che appare tra luce ed ombra in tutta la sua bellezza. Poi torno alla luce luminosa di Ottobre che fa splendere i larici d’oro sotto il cielo cobalto e il calcare bianco e giallo di questi Spiz meravigliosi. Scendo in un bagno di sole col Re Pelmo che domina questa parte di universo gigantesco, assiso sul suo trono di pietra che sembra galleggi in cielo. Alle 16 sono al Pian de la Fopa e celebro con un autoscatto la mia felicità, anche se l’ultima foto va ai Montura cui questa gita ha decretato la fine essendosi strappati in più punti dopo decenni di onorati servizi. Sento Francesco che si dice felice di aspettarmi per un saluto e così decido di fare un salto. In auto scendendo verso Longarone fotografo Sfornioi, Bosconero e le creste di Nisia già sognando con loro la prossima avventura. Da Bobo Katia e Pietro sono accolto come uno di famiglia e dopo la merenda con pane salame e birra cedo all’invito a cena a base di pizza e passo così con loro due ore bellissime parlando di monti vita e prossime avventure. Grazie veramente siete una splendida famiglia e spero di tornare a Cet tante altre volte. Anche per fare la gita che Pietro…mi deve! Foto1 la stretta cornice della “Scafa” Foto2 il passaggio chiave visto dalla cengia opposta Foto 3 la paretina d’attacco del Viaz (fine per me)
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