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   Monte Aviolo, Spigolo delle capre, 04/11/2021
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  Pozzolo di Edolo (1500m)
Quota attacco  2440 m
Quota arrivo  2881 m
Dislivello  440 m
Difficoltà  AD+ / IV+ ( IV+ obbl. )
Esposizione  Ovest
Rifugio di appoggio  nessuno
Attrezzatura consigliata  Qualche dado e friend medio piccoli, .
Itinerari collegati  Monte Aviolo (2881m), Spigolo delle capre
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento E’ il nostro terzo tentativo a questa via dopo i precedenti rinvii per smarrimento e per neve. Per me è la quarta volta perché qua c’ero già stato anche con Nico( quella volta fu la pioggia a fermarci!). Con mio figlio Armin lasciamo il parcheggio(q. 1450) alle 8.15 del 28/10/2021, ci riavviamo sull’ampio sentiero che passando dalla località Pozzuolo s’inerpica poi velocemente su per il bosco per uscirne un’ora dopo circa in vista della montagna e all’inizio del grande catino pietroso che va attraversato scomodamente per giungere ai ghiaioni basali che sostengono le pareti dell’Aviolo e il nostro spigolo. Fa freddo c’è scuro e la brina sul sentiero ci fa temere di trovarne anche sulla via e dover rinunciare anche stavolta. Concludiamo che la parete è a nordovest,che beccheremo poco sole solo in alto e che forse la stagione è tarda per queste quote. Il pessimismo rientra un poco quando salendo le pietraia finale la montagna appare pulita da neve e più asciutta del previsto. Arriviamo all’attacco in poco più di due ore e facciamo colazione e bisogni. A differenza di questa primavera quando trovammo il canalino d’attacco smaltato di ghiaccio e dall’aspetto repulsivo, ora è invitante con i suoi ampi gradoni e decido di partire io con le scarpette da trekking.(h11,q.2450). Salgo facilmente il canale camino indicato dal cordino d’attacco (due passi di III°) che poi diventa più ampio e facile. Mi intimoriscono e preoccupano alcuni rigagnoli ghiacciati sui quali rischi di scivolare e unisco il tiro successivo con un passo di III°- e poi per gradoni appoggiati raggiungo la sosta(50m). Recupero Armin che infila le scarpette e supera il breve passo di III° leggermente strapiombante per seguire poi la cengia vs destra(35m.). E’ mezzogiorno e inizia la parte tecnicamente più impegnativa della via con diverse filate un poco più verticali e con passaggi di IV° e che lascerò condurre ad Armin che si è molto allenato in falesia ultimamente mentre io vengo da anni in cui non ho praticamente più arrampicato. Per Armin sarà praticamente il battesimo su una via lunga e che necessità di integrare le protezioni. La roccia ci attende fredda e gelida come lo sono le nostre mani. Abbiamo addosso tutto quello che ci siamo portati, la temperatura sarà di qualche grado.Sale il diedro(IV°) del tiro 4 e raggiunge la più facile fessura, poi va a dx (passo delicato IV°+) e poi più facilmente fino alla sosta(30 m). Salgo e apprezzo come Armin si protegge bene sugli spuntoncini che trova e un chiodo sul passo più duro. Non sale veloce ma attento e questo mi rassicura. Un poco di lentezza sulle manovre ci penalizza sui tempi ma è del resto la prima volta che mio figlio esegue in ambiente queste manovre e quando lo raggiungo gli faccio i complimenti. Parte ora per il tiro 5 che segue la cresta e poi una fessura in uscita(IV°,IV°+,50 m). Armin mi grida la gioia di aver raggiunto finalmente il sole che ci permette di uscire dal freezer in cui eravamo custoditi. Mi recupera e mi gusto l’arrampicata impegnativa ma su roccia fantastica e ben appigliata e finalmente il calore del sole. Ora si apre davanti a noi il profilo tondo dello spigolo che si alza dolcemente verso l’alto: sembra il dorso di un dinosauro. Finalmente ci togliamo le giacche a vento. Non protetto con difficoltà attorno al terzo inizio a percorrerlo godendomi la passeggiata aerea con l’ aderenza straordinaria garantita dal granito ora riscaldato dal sole. Mi concedo anche il lusso di una foto scattata alla mia ombra che viene riflessa sulle rocce assolate sotto di me, supero una sosta a spit ,affronto lo spigolo stando alla sua sx(III°) e poi mi imbrano su un tratto più verticale(III+) che non riesco a superare cercando di forzare il passaggio sulla sx. Ci provo due volte e poi decido di disarrampicare fino ad uno spuntone dove recupero Armin che parte e supera il passaggio salendo a destra. Già da sotto non comprendo come ho fatto a non rendermene conto ma poi salendo l’errore mi sembra ancora più inverosimile e raggiungo Armin che dopo aver seguito una facile rampetta ha fatto sosta su uno spuntone. Dalla relazione che ci spinge a dx vs rocce che non appaiono semplici, non riusciamo più a capire bene dove ci troviamo. Armin decide di affrontare lo spigolo sulla parte sx e ha ragione perché poco dopo trova un chiodo dove proteggersi e poi fermarsi perché a suo dire c’è ora un tratto duro. Non capisco perché dalla relazione dovrebbero esserci placche fessurate di IV°-. Attendo trepidante notizie da Armin guardando sospettoso il proseguio della via che pare impennarsi. Mi ribadisce che c’è il pezzo più duro che abbiamo finora affrontato e mi vien paura di esser fuori via. Sono le 14.30, e comincio a pensare ad improbabili (visto le soste) calate in doppia. Ma Dani si è arrabbiata per questa gita e non voglio che succeda nulla. Armin trova un altro chiodo e poi mi dice che sopra è più facile. Poco dopo mi dice che ha trovato la sosta su due chiodi e allora lancio un grido di gioia perché significa che siamo sulla via giusta. Lo raggiungo trovando il tiro impegnativo con una magnifica e risolutiva presa rovescia che Armin mi dice poi non aver usato. Riguardiamo la relazione e comprendiamo che abbiamo passato inaspettatamente il tiro chiave (8) della via con un tratto continuo di IV°, veramente bello. Armin parte all’attacco del tiro 9 sul filo esposto ma non difficile(III°,40 m) fino alla nuova sosta su due spit(anche se ne è rimasto solo uno). Siamo alla base del tiro 10 che parte con una piccola impennata dello spigolo da affrontare verticalmente a dx. Buone prese aiutano la progressione e poi un chiodo aiuta ad affrontare l’uscita dal muretto un pochino più complicata per rimontare sul più facile spigolo fino alla sosta(25m). Ora Armin sparisce oltre la cresta e mi dice di essere alle prese con la fessurina che taglia una placca liscia (IV°,un chiodo e un friend incastrato), l’ultimo ostacolo della via e poi arriva alla sosta (III,IV,30m). Quando svoltato l’angolo mi affaccio sulla fessura e vedo la testa di Armin spuntare una decina di metri sopra, resto soggiogato dalla bellezza del tiro. Si sale con i piedi nella fessura che taglia una placca liscissima e con le mani si prende il bordo superiore della roccia. Esteticissima, un tiro pensato dal Dio delle rocce. Lo raggiungo rapidamente nell’estasi del gesto. E’ tardi (16.45) e parto immediatamente per l’ultimo tiro della via che oppone difficoltà discontinue fino al III° e tiro la corda fino al suo termine facendo sosta su uno spuntone. Mentre recupero Armin assaporo la bellezza della giornata trascorsa e dello spigolo che si srotola ai nostri piedi scendendo verso la conca pietrosa da cui siamo saliti. Ci complimentiamo al suo arrivo ,facciamo un selfie da mandare alla mamma,ci togliamo il materiale da arrampicata,mettiam via la corda e rimettiamo le scarpe. Ora dovremo traversare verso sinistra una paretina esposta a nord sporca di neve, che ci crea qualche pericolo dovuto a dei tratti ghiacciati, per ricongiungerci al sentiero della via normale dove arriviamo alle 17.30. Lasciamo gli zaini e con le ultime energie rimaste ci lanciamo leggeri verso la croce di vetta che raggiungiamo un quarto d’ora dopo con il sole che volge al suo tramonto e rende calda la sua ultima carezza. Tutto tace mentre scende la sera sui fondovalle e le pareti nordarancioni del Corno e del Roccia Baitone mostrano la ruota come pavoni. Che spettacolo, fotografo Armin e la croce che riflette il colore della luce e poi dopo il selfie mi dedico ai panorami. Notevoli le viste verso Ortles GranZebrù e Cevedale, il gruppo del Bernina e la dorsale Concarena,Bagozza, Pizzo Camino e Presolana. Anche se la parte del leone la fanno i Baitoni vicini che mostrano i muscoli. Armin inizia la discesa e io esco dal sentiero per affacciarmi sul versante che da sulla Val Gallinera e contemplare per un attimo la valle dove passa la Via Chiaudano. Si vedono bene da quassù le ora pulite bastionate rocciose da cui precipitò la valanga da cui per puro caso orario ci salvammi io e Nico. Rendo grazie alla magnifica luce che scalda quei ricordi e zoomo la zona del Bivacco Festa che giallo limone risalta sul giallo ocra dell’erba che lo circonda e inizio anche io a scendere con un occhio al sole che sta scomparendo dietro la linea orobica. Il terreno è roccioso e impegnativo per cui non riusciamo a scender veloci come vorremmo e addirittura fatichiamo a superare un tratto provvidenzialmente attrezzato perché il fondo è completamente gelato. Il sole ora lancia bagliori oltre le creste che riesco a distinguire nella linea che percorre la mia sognata traversata orobica dal Rodes verso i Pizzi degli Uomini e Scotes e poi Porola e Scais in un grandioso allineamento. Quando i riflessi si attutiscono meravigliato contemplo la mole del Rosa e la punta del Cervino che precede la sfilata di tutti i 4000 del Vallese dallo stralhorn passando per i Dom e fino alla triade Weissmies Lagginhorn Fletschorn. Anche il Disgrazia mi saluta sul far della sera e noi scendiamonelle ultime luci vs il canalone che scende con due passaggi attrezzati fino a riportarci alla base della montagna. Sono le 18.40 e la fotografo per l’ultima volta mentre una stella è già montata sulla sua cresta. Scendiamo, Armin a batter traccia nella luce sempre più tenue fino a quando la sua incredibile vista si arrende e accendiamo le luci dei telefonini. Non abbiamo mai perso l’esile traccia ma siamo scesi circospetti. Ora con le luci è effettivamente tutta un’altra luce e il passo diventa più rapido. Poco prima di raggiungere l’anfiteatro pietroso che precede il bosco uno sguardo verso l’alto mi permette di scorgere il Grande Carro emergere dal blu della notte oltre il nero delle pareti. Spegniamo le torce e rimaniamo soggiogati dallo spettacolo del cielo trapuntato di stelle che brillano la loro emozione che si confonde con la nostra. Ci abbracciamo felici per il dono della vita e dell’essere qui ora. In un silenzio che romba come un tuono nella nostra anima. A malincuore usciamo dalla porta del Paradiso e riprendiamo a incespicare sulle vie di questa Terra che pur tanto amiamo. Il bosco che rappresenta l’ultimo tratto della giornata sembra non arrivare mai ma già esser usciti dal tratto pietroso è una liberazione per il passo che ora poggia su terreno morbido. Poi ci infiliamo tra le piante salutando con un poco di malinconia quel cielo nero che era sceso sopra di noi e ci aveva rapito con sé per attimi che resteranno indelebili nei nostri cuori. Scendiamo ora a manetta per svelti tornanti e dopo il Pozzuolo, finalmente all’auto alle 20.30 l’ultimo abbraccio sigilla la fine della nostra avventura. Poi in pizzeria parliamo della vita, a parole sciolte e libere come distillate dalle emozioni vissute insieme da padre e figlio in questa splendida giornata. Amen.
Foto1 Armin sul 5° tiro Foto2 La superfessura del tiro11 Foto 3 Rosa d’autore
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