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   Cima di Val Bona - Spigolo Gervasutti, 30/08/2008
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Onicer  ALE   
Regione  Lombardia
Partenza  Chiareggio (1612m)
Quota attacco  2583 m
Quota arrivo  3033 m
Dislivello  450 m
Difficoltà  D+ / V+ ( V obbl. )
Esposizione  Nord-Est
Rifugio di appoggio  Del Grande - Camerini
Attrezzatura consigliata  1 corda da 60 mt. , friends, nuts , chiodi, martello, cordini e fettucce (anche da abbandono)
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Questa gita e’ stata davvero una grande avventura che ci ha permesso di assaporare in pieno il gusto dell’ alpinismo classico. Ne avevo sentito parlare molto vagamente gia’ da alcuni anni e, soprattutto incuriosito dal nome del celeberrimo apritore Gervasutti ho cercato in qualche modo di documentarmi, ma l’unica relazione molto vaga che ho trovato e’ stata quella sulla Guida ai Monti d’ Italia del Bonacossa degli anni ’70, in cui si descrive solo il diedro d’ attacco e il primo tiro dello spigolo poi “…con una lunga arrampicata di difficolta’ varia lungo lo spigolo o nei pressi immediati si arriva all’anticima orientale e in breve alla cima (mt.3.033)”.
In realta’ si tratta di una lunghissima cavalcata su una cresta molto articolata (il dislivello e’ di 450 mt. ma lo sviluppo e’ molto di piu’….), in cui occorre risalire diversi torrioni in verticale e poi ridiscenderli, arrampicando anche in discesa o facendo qualche doppia (addirittura una doppia di ca. 20 mt. nel vuoto!). Noi abbiamo contato circa 15 tiri di corda, piu’ alcuni tratti da fare in conserva.
Le difficolta’ sono abbastanza discontinue, alternandosi tratti piu’ semplici di III e IV a passi decisamente piu’ impegnativi del IV+ indicato sulla guida del Bonacossa . L’attacco avviene per un diedro/canale (II) facilmente individuabile lungo l’avvicinamento (tra i due che si vedono e’ il piu’ vicino alla base dello spigolo); il primo tiro sullo spigolo attacca con una paretina verticale di 6-7 mt. che si puo’ risalire o nel diedro a sin. (chiodo in uscita) o lungo la fessura al centro (in entrambi V e buone possibilita’ di proteggersi con friends); i tiri seguenti portano sulla sommita’ di un primo torrione che poi occorre ridiscendere, disarrampicando con molta attenzione per una decina di mt. (III) sino ad un intaglio (qui e’ possibile anche fare una doppia gia’ attrezzata con 2 chiodi vecchi uniti da cordino un po’nascosti sulla sinistra appena sotto la sommita’, che infatti noi abbiamo visto solo dopo essere scesi….); dall’ intaglio si ricomincia a salire, non lasciandosi attrarre da delle placche piu’ facili sulla sin. dello spigolo che non consentirebbero poi di risalire sullo stesso, ma occorre risalire un diedro piuttosto impegnativo sulla dx. (V e un chiodo all’ inizio) al termine del quale si torna sul filo. Si prosegue per alcuni tiri divertenti mantenendosi sempre sul filo o appoggiando leggermente sul versante sud, sino alla sommita’ di un altro torrione, da cui bisogna scendere con la doppia nel vuoto di cui ho parlato all’ inizio (molto spettacolare!).
A questo punto siamo circa a meta’ via e, dopo alcuni tiri piu’ semplici (III) si giunge a quello che e’ sicuramente il tratto piu’ difficile: un traverso di 4-5 mt. ad aggirare sulla sin. un torrione, su una placca liscissima proteggibile all’inizio con un cordino (ne abbiamo lasciato uno) e al termine con un friend in una fessura verticale, che occorre risalire faticosamente con movimenti ad incastro sino alla sommita’ (V+); in questo tratto deve fare molta attenzione anche il secondo!. Dopo un altro tratto di trasferimento si giunge al penultimo tiro che inizia con passo atletico leggermente strapiombante, prosegue su alcune placche liscie ma piuttosto appoggiate e ben proteggibili con friends in fessura, e termina con un diedro verticale (IV+ un cordino incastrato in un masso rinviabile nel diedro). Un ultimo tiro su gradoni ci porta alla sommita’ (tempo impiegato dall’ attacco circa 5 ore e mezza).
Un grosso problema l’abbiamo avuto per la discesa: la relazione indicava di scendere brevemente su rocce rotte sul versante del Forno sino a mettere piede sul ghiacciaio, costeggiare la cresta SW e giungere al Passo di Vazzeda; purtroppo la situazione rispetto agli anni 70 e’ molto cambiata: il ghiacciaio si e’ molto ritirato nel tratto sommitale ed ha lasciato scoperta una zona di placche lisce che non e’ possibile scendere in alcun modo….. abbiamo deciso cosi’ di scendere sul versante della Val Bona, seguendo inizialmente un sistema di cenge sfasciumate in diagonale da dx. verso sin., sino ad individuare un canale anch’ esso molto sfasciumato, che abbiamo disceso in arrampicata e in un tratto piu’ difficile attrezzando una doppia da 30 mt. . Attenzione poiche’ e’ una discesa molto pericolosa sia per i sassi che scendono dappertutto, sia perche’ le cenge che abbiamo seguito sono sempre molto esposte sulle balze rocciose sottostanti. Messo infine piede sul nevaio sottostante, si scende poi facilmente per neve, gande e pascoli sino ad incrociare il sentiero che scende dal Passo del Forno. Da li’ in breve all’ Alpe Vazzeda e a Chiareggio (noi siamo arrivati all’auto al limite del buio).
Nel complesso e’ una gita di grande impegno, dove le grandi difficolta’ sono la lunghezza (considerando anche che facendola in giornata come noi occorrono ca.2h.30 per l’avvicinamento da Chiareggio passando per l’Alpe Vazzeda), difficolta’ nell’ individuare la via, essendo la cresta molto accidentata ed avendo trovato lungo tutta la via solo 2 chiodi e due cordini per le calate, e difficolta’ nella discesa che ho gia’ descritto. La roccia invece e’ un bellissimo granito, a tratti un po’ lichenoso (anche perche’ non viene mai percorsa…), e l’ambiente e’ davvero sublime.
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