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   disavventure in val clusa, 23/04/2020
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Onicer  oscarrampica   
Gita  disavventure in val clusa
Regione  Veneto
Partenza  la muda  (400 m)
Quota arrivo  500 m
Dislivello  300 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  attenzione sentiero 2 al limite del praticabile
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Pessime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Il 2/3 di ritorno dalla mattutina puntatina salto sullo Sperone e nonostante le previsioni meteo non siano delle migliori per le ore a venire, decido di andare ad esplorare il sentiero che si inoltra nella Val Clusa e di cui la solita bibbia dello Schiara segnala due deviazioni interessanti nel primo tratto per esplorare le gole che il torrente forma nel suo scorrere a fondovalle. Alle 11.30 sono in località La Muda dove parte il sentiero per F.lla Scalabras e che risulta attualmente interdetto al pubblico per i disastri mai sistemati della tempesta Vaja. La Val Clusa è la prima delle 4 selvagge valli che partendo da Nord,salgono in direzione dei massicci dello Schiara e del Talvena partendo direttamente dal loro sbocco in Val Cordevole. Le sue avventurose sorelle sono la sobria Val Vescovà,la misteriosa val Ru da Molin e l’incantevole Val del Piero. L’inizio del sentiero è bucolico, ampio e ben sistemato, si alza a picco sulla valle in ripidi e rapidi tornanti che consentono di osservare dall’alto la meravigliosa piana di Agre e a volte fra le nebbie l’indomita punta della Rocchetta. Poi gli alberi, ma senza dare particolare fastidio, cominciano ad essere rovesciati sul sentiero anche se la maggior parte degli esemplari di pino silvestre giacciono ritti e secchi come sopravvissuti ad un probabile incendio che rende il paesaggio un poco spettrale. Salendo mi chiedo quando il sentiero piegherà vs dx per assumere la decisiva direzione vs la spaccatura della val Clusa che s’insinua fra le pieghe del bosco che degrada vs belluno. Improvvisamente intuisco l’orrido sotto i miei piedi ancora coperto dagli arbusti che coprono il precipitare della parete che sostiene la traccia. Sporgersi mette le vertigini perché il fiume mormora centinaia di metri più in basso e le pareti grigio gialle e verdastri salgono ancora vs l’alto. Paesaggio veramente dantesco. La gola è enorme, impressionante nel suo insinuarsi fra le viscere della montagna. Poco dopo (mezz’oretta dalla partenza)un parapetto metallico a quota 700 mt circa protegge dal baratro a dx il sentiero che scende vs il manufatto enel di captazione dell’acqua. L’incontro con un simpatico rettile alpino che traversa intontito il mio percorso mi rallegra e proseguo nella discesa fra le pareti che vanno sempre più stringendosi sopra di me. 15 minuti dopo sono in fondo alla valle alla confluenza con la Val dei Pez da cui scende una bella cascata. Nel frattempo piove e tutto diventa più umido e bagnato e con attenzione salto fra le pietre per ammirare una stupenda piscina naturale con grotta misteriosa e che poi compie un altro balzo vs il basso. Ambienti da canyoning. Scendo anche al manufatto enel che traversa e chiude tutta la val clusa,che prosegue oltre fra alte pareti e finisce con svolta a sx ed ennesimo balzo nel vuoto. Luoghi fantastici e oppressivi col cielo che si vede solo alzando lo sguardo molto vs l’alto. Sono ormai bagnato fradicio ed è tempo di tornare. Alle 13 ttremante come un pulcino risalgo in auto. Stufetta preparati a riscaldarmi!
Riposo sognando la valle e mi alzo l’indomani ammirato per il paesaggio nuovamente imbiancato dalla serale e notturna nevicata e con l’intenzione di esplorare la deviazione seconda. Alle 9 del mattino sono già al sentiero enel e proseguo nella ricerca dell’altro che poco oltre dovrebbe anch’esso scendere sul fondo della valle e precisamente in un luogo famoso per l’incontro d’acqua di tre valli che confluiscono nel solco primitivo della val Clusa. Ragionando sulla morfologia della montagna mi ci vuol poco a capire la direzione da seguire ma di sentierini nemmeno l’ombra e allora dopo un poco di esplorazioni concludo che probabilmente la traccia parte nel punto in cui la tempesta vaja ha abbattuto una decina di metri quadri di bosco seppellendo tutto. Supero in salita l’inferno di abeti caduti e poi discendo un valloncello che infatti poco dopo confluisce nella traccia che orizzontale corre sopra il vuoto. Quando la vista si apre, vedo il punto d’arrivo costituito da una costruzione in cemento sotto cui si getta un imponente cascata, solo che il fianco che devo percorrere in quella direzione oltre che molto verticale pare anche devastato dalla tempesta con cumuli di alberi spezzati ovunque. Passo un antro e poi m’ingroviglio nel bosco e negli arbusti che inghiottono più volte la traccia e che mi costringono di tanto in tanto ad erigere qualche ometto perché il pendio è veramente pericoloso e termina sulla gola precipite. Cercando di stare alto e soprattutto di intercettare ogni traccia del vecchio sentiero mi trovo ad un certo punto di fronte al punto d’arrivo ma completamente separato dal baratro posto frammezzo. Provvidenzialmente il sentierino vira a sx e mi fa atterrare in un incantevole valletta laterale anch’essa munita dell’immancabile cascatella e dove noto uno spit di calata probabilmente a servizio delle discese per canyoning. Giunto sul fondo della Val de i Pez lo sguardo volge incredulo vs le alte pareti di questo mondo perduto in cui manca solo qualche rettile preistorico. Guadato il torrentello mi metto a seguire il sentierino che rimontando l’altro fianco della valle con passaggi molto sdrucciolevoli ed esposti porta alla chiusa dell’Enel che raggiungo alle 10.30. Qui arrivano acque dal torrente di sopra, dalla valle da cui son giunto e da un’altra grande cascata che precipita poco più a sx. Il salto oltre il bordo del baratro sarà di circa una cinquantina di metri e il frastuono di acque sembra quello di un temporale mai domo. Esploro i sentierini laterali ma è difficile trovare un inquadratura ideale essendo il luogo veramente chiuso in se stesso. Magnifico ed opprimente in questa giornata tetra dove tutto gocciola di umidita’. Leggo sulla relazione che questo luogo leggendario, incontro di tante acque, prima della costruzione del manufatto Enel veniva chiamato il Fontanaz. Alle 10.45 riprendo la traccia di ritorno consapevole che non sarà facile seguire il filo d’Arianna che fin qui mi ha condotto. Più volte lo perdo e lo ritrovo perché il paesaggio è molto simile a se stesso, fino a quando la preoccupazione aumenta perché non mi raccapezzo più nel groviglio in cui sono incastrato e mi pare di essermi abbassato troppo sul fianco della parete. I miei sospetti sono confermati poco dopo quando sbucando da un intrigo di ramaglie mi trovo sul ciglio del baratro e la paura m’assale. Scivolare qui sarebbe un errore senza ritorno; risalgo e ansimando cerco punti di riferimento anche rispetto all’uscita dalla valle che in effetti sembra un poco più in alto. Una piccola preghiera mentre i fiocchi di neve bagnata m’infastidiscono la vista macchiando le lenti e poi bucando rami e mughi mi trovo fra i piedi uno degli ometti costruiti all’andata. Sollievo, dopo cinque minuti d’ansia. Che dura poco perché un attimo dopo sono di nuovo senza traccia sotto i piedi, ma ormai la direzione è quella giusta e la traccia riappare poco dopo. Finalmente il battito scende , lo sterile viaz,diventa sentierino e posso tornare a godere dell’avventura vissuta, ripercorrendo con sicurezza la via dell’andata e sbucando alle 12 sul sentiero maestro. Mezz’ora dopo totalmente e nuovamente fradicio,come il giorno prima, approdo all’auto. Stufetta ripreparati.
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