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   Piz Olda, 09/12/2018
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Onicer  Pierpaolo   
Gita  Piz Olda
Regione  Lombardia
Partenza  Cevo (BS)  (1200 m)
Quota arrivo  2511 m
Dislivello  1400 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  Nessuno
Attrezzatura consigliata  Normale da escursionismo + ramponi
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Mediocri
Valutazione itinerario  Buono
Commento Considerando che la settimana precedente abbiamo potuto constatare che in media Val Camonica il manto nevoso tra i 2000 e i 2500 metri di quota è ancora abbastanza limitato, siamo dell’idea che sia possibile osare un pochino e spingerci sul limite superiore di tale strato, tentando di salire su una vetta che in caso di innevamento ben superiore sarebbe difficile e pericolosa da raggiungere: il Piz Olda.
Posteggiata l’auto nel parcheggio del campo sportivo posto appena sopra il paese di Cevo, ci incamminiamo seguendo una strada agro silvo pastorale. In alcuni punti, per rendere la salita più diretta, tagliamo passando attraverso il bosco senza seguire un sentiero, sebbene in alcuni punti la cosa implichi di camminare su pendenze sostenute.
Le condizioni meteo, inizialmente, paiono simili a quelle della settimana precedente. Arriva infatti un fitta nevicata, che anche in questo caso sappiamo avrà vita breve perché causata da un temporaneo sfondamento dello stau oltralpe.
Raggiunta la località dei Fienili d’improvviso torna il sole, ma il nostro sguardo volge con preoccupazione alla cresta che porta sulla nostra vetta, ancora lontana da raggiungere ma evidentemente spazzolata da violente raffiche di favonio. Riusciremo a salire, con condizioni così estreme?
Nel frattempo, continuiamo la salita con regolarità seguendo sempre la strada. A un certo punto, in prossimità di un piccolo acquedotto, siamo indecisi su quale via prendere per proseguire. Optiamo per un sentiero, peraltro bollato, diretto alla Malga Corti che guadagna poca quota e che a un certo punto è ostruito dagli alberi abbattuti dalla tempesta occorsa qualche settimana addietro. Siamo così costretti a tagliare con fatica nel bosco salendo in modo più deciso, con la speranza di andare a riprendere la strada che dalla Malga Corti conduce verso la Malga Paret. Con fatica riusciamo nell’intento e, una volta di nuovo sulla strada, camminiamo fino a raggiungere una stalla posta in località Dosso del Curù.
Qui ne approfittiamo per una breve sosta e per abbigliarci in modo più pesante, visto che ormai la cresta di collegamento alla vetta si avvicina.
Per accedere alla cresta dal Dosso del Curù, bisogna percorrere una strada che sale con lievi pendenze e taglia a mezza costa tutto il pendio del Piz Olda. In condizioni normali sarebbe tutto semplice, ma lo strato nevoso che la ricopre rende la progressione difficoltosa, perché si sprofonda inesorabilmente. A questo punto, per cercare una via meno faticosa, volgiamo lo sguardo al pendio perché in alcuni punti appare piuttosto pulito e sembrano peraltro esserci alcuni sentieri secondari che lo tagliano più in alto. Dopo qualche attimo di indecisione decidiamo così di tentare la sorte e abbandonare la strada. Le cose in realtà non migliorano granché, perché sebbene alcuni percorsi secondari esistano (creati probabilmente dal bestiame che pascola nel periodo estivo), essi tendono a perdersi nella parte alta e ci troviamo così depositati in una situazione altrettanto faticosa e poco agevole.
A fatica riusciamo a prendere la cresta in un punto comunque più elevato rispetto a quello dove ci avrebbe condotto la strada, e finalmente possiamo perciò seguirla. Siamo investiti da alcune raffiche di vento, ma per fortuna sembra che stia mollando un po’ la presa.
Dove la cresta si fa più ripida decidiamo di calzare i ramponi perché le condizioni sono altamente variabili. Si passa dall’erba al ghiaccio, dalla neve dura lavorata dal vento a quella in cui ci si sfonda dentro.
Superato un ripido dosso, appare davanti a noi l’ultimo tratto di cresta. Le fatiche compiute finora vengono ripagate da un ambiente sempre più bello, suggestivo, severo al punto giusto ma non al punto da spaventarci. Il cielo plumbeo verso nord, le raffiche di vento per fortuna non eccessivamente fastidiose e un raggio di sole che filtra sotto le nuvole contribuiscono a rendere l’atmosfera altamente suggestiva.
Percorriamo con attenzione, su neve ora regolare ma sempre inconsistente, ciò che rimane del percorso che porta in cima, ammirando passo per passo il bellissimo scenario attorno a noi.
Giunti in vetta il vento si placa definitivamente e questo ci permette di goderci maggiormente il panorama. Abbandoniamo subito l’idea di scendere dalla cresta opposta, in direzione del Pian della Regina, perché la via in queste condizioni sembra riservare insidie.
Giriamo così i tacchi e percorsa a ritroso metà della cresta di salita, ci viene in mente la malsana idea di tagliare dritto per dritto lo scosceso pendio, visto che dall’alto sono visibili più percorsi che lo tagliano e ci inducono perciò in tentazione.
La discesa, sebbene ripida, non è troppo faticosa. Incrociato uno di quei percorsi che vedevamo dall’alto, posto più sopra della strada originale che si sviluppa dal Dosso del Curù, decidiamo di seguirlo. La scelta si rivela errata perché pare non portare da nessuna parte e così ci tocca tornare indietro, camminando su neve faticosa.
Riprendiamo la discesa diretta sempre sul pendio ripido, stavolta all’interno di un canalino, allo scopo di andare a incrociare nuovamente la via alternativa con il quale siamo saliti.
Riusciti nell’intento e tornati alla stalla del Dosso del Curù, camminiamo fino alla Malga Paret. Qui, decidiamo di tornare per una via alternativa che si svolge attraverso una strada che passa dapprima per la Malga Corti e che con infiniti tornanti riporta a Cevo. Lungo questo tratto il ghiaccio abbonda e ciò ci costringe a camminare guardinghi.
Finalmente, e con tanta stanchezza addosso, facciamo ritorno al punto di partenza. L’escursione è bella, ma le condizioni odierne e il nostro masochismo nel cercare ostinatamente vie alternative ci hanno messo un po’ alla prova.

Foto 1: l'ultimo e sinuoso tratto di cresta che porta in cima
Foto 2: dalla vetta, visuale verso il Pian della Regina
Foto 3: durante la discesa dalla cima, i percorsi sul pendio visibili dall'alto che ci hanno indotto in errore
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