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   in giro per la val pogallo, 08/08/2018
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Onicer  oscarrampica   
Gita  in giro per la val pogallo
Regione  Piemonte
Partenza  cicogna  (700 m)
Quota arrivo  1600 m
Dislivello  1300 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  spray alla permetrina per le zecche?
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Discrete
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Ho in mente da tempo un lungo giro per creste e cime della Val Pogallo: cima Tuss, cima Sasso, Corona di Ghina, strette del Casè, cima Pedum e ritorno lungo il sentiero Bove fino alla Bocchetta di Terza. Parto con qualcuno dei miei bimbi, presto, ma senza ambizioni particolari… vedremo man mano le difficoltà tecniche, ambientali e quelle orarie. Sveglia alle 3.30 dell’11/7 e alle 4 partiamo. Io Gio Jari e Roberto. Via sull’autostrada verso Domodossola e poi si esce e si inizia a salire verso Cicogna. Alle 6.15 passiamo il mitico ponte Casletto vera porta d’ingresso della valle dove facciamo tappa e racconto le gesta epiche dei partigiani che qui hanno lasciato la vita. Guardo il fluire rombante del Rio Pogallo sotto di noi e memore di tante avventure, a malincuore proseguiamo raggiungendo Cicogna, terminale della civiltà e capitale dello stato indipendente di Valgrande. I bimbi leggono la tavola del Sentiero Chiovini, li fotografo davanti ad un cespuglio enorme di azzurre ortensie e poi davanti alla fontana coperta dove dormimmo 30 anni fa con Gregorio all’epoca della nostra ardita traversata della Valgrande. Sono quasi le 7 quando preso da tanti ricordi e dai racconti, ci avviamo vs Pogallo imboccando il sentiero che invece secondo i miei piani, avremmo dovuto percorrere al ritorno. Ammirato e mostrando ai ragazzi la meraviglia che è la strada Sutermeister che stiamo percorrendo con le sue enormi pietre lastricate che la rendono un grandioso gioiello d’architettura, soprattutto laddove diventa cengia inesistente pere permettere alcuni passaggi sul vuoto sottostante. Incredibili forre di acque profonde e verdi attirano lo sguardo verso il basso e il fiume facendo venir voglia di tuffi ed esplorazioni acquatiche. Poi un tratto di foresta che emerge da grossi e levigati scudi rocciosi che ricordano i Tepui venezuelani o le foreste insidiose del Borneo. La nebbiolina che cela la punta delle asperità rende il tutto ancora più arcano e misterioso in un paesaggio da Jurassik Park. Imperterrita la grande strada si fa largo sopra la forra e alle 8 usciamo dall’ambiente claustrofobico per sbucare sui grandi prati che segnano l’ingresso al villaggio fantasma di Pogallo. Sempre emozionante arrivare qui dove una volta la vita scorreva forte e ora gioca a nascondino tra la natura e i ruderi antiche vestigia di un passato glorioso di lavoro e fatica. Leggiamo sulle apposite tabelle dell’eccidio fascista qui occorso e dei tempi che furono e poi su un bel tavolo in cemento, decidiamo di fare colazione. Ora mi viene in mente che da qui dovevamo tornare ..ma tantè e faccio due passi per le viette del paesino e le case rimaste, alcune delle quali graziosamente risistemate. Mezz’ora dopo ripartiamo e decidiamo comunque di proseguire nell’esplorazione: non troviamo indicazioni per la Bocchetta di Campo e percorriamo inutilmente il sentiero che arriva al ponte sulla grande forra per poi tornare alla spianata. Anche il sentierino che inizia nel bosco dopo il madonnino non mi convince e allora giù vs l’unico sentiero indicato vs la Bocchetta di Terza sperando di trovare poi una qualche deviazione. Ma niente da fare, neanche da questa parte e allora torniamo al sentierino e cominciamo a seguirlo. Val grande che non si smentisce….le indicazioni della relazione cominciano a non coincidere ma ad un certo punto un indicazione Alpe Cavrua vs l’alto ci fa salire dritti per il bosco ma purtroppo presto i segni spariscono e anche la traccia che seguivamo! Proseguo a naso raggiungendo probabilmente i ruderi di Pogallo di Dentro ma nessun sentiero prosegue e allora ridiscendo nuovamente i segni e batto il bosco da tutte le parti ma senza risultato. Giro come un dannato il labirinto di piante mentre i bimbi attendono pz fino a quando dopo aver perso circa 1 h decido di forzare il bosco vs l’alto e raggiunto e oltrepassato nuovamente Pogallo di Dentro, prendiamo a risalire in verticale il bosco fidandomi dell’interpretazione della carta geografica…non molto tempo dopo la fortuna ci assiste e troviamo una traccia marcata che si rivela ben presto essere l’agognato sentiero…bah , chissà da dove arriva..Alle 11.30 sbuchiamo così nella verde e abbandonata radura di alte erbe di quello che rimane dell’alpe Cavrua. Un camoscio fa capolino fra le felci sotto di noi e lo osserviamo fino a quaqndo si accorge di noi e in pochi balzi sparisce. Seguiamo le indicazioni che ci portano a costeggiare l’alpe lasciandola a sx finchè mezz’ora dopo atterriamo sul greto di un torrente dove facciamo sosta per il pranzo, anche perché i segni spariscono nuovamente….benedetta Valgrande!
Mentre i bimbi mangiano e giocano io esploro il pendio risalendolo ( le indicazioni della relazione le interpreto così…) ma non trovando tracce nenche allargando il ventaglio della ricerca. Poi convinto di fare dietro front ridiscendo dai bimbi e traversando in orizzontale fra le erbacce ritrovo miracolosamente il filo d’Arianna perduto e presto appare miracolosamente un segno per cui ordino ai bimbi di rimettersi in marcia. Ora la progressione è più entusiasmante perché l’ambiente è aperto: attraversiamo una pietraia prima, delle placche rocciose che costringono a qualche passetto d’arrampicata poi e du bellissimo sentiero di cengia in un ambiente soliatrio e selvaggio. I bimbi se la cavano bene e cominciamo quindi a risalire fra prati e piccoli balzelli rocciosi fino ad arrivare ad una sorta di forcellino alle 13 . La visibilità e il tempo non sono ottimali ed è ormai chiaro che salendo vs i Prati di Ghina che appaiono poco oltre ci perderemmo nelle nubi. Facciamo quindi sosta in un poco distante campo di mirtilli che segna il nostro punto d’arrivo: credo potesse mancare 1h circa alla cresta di Ghina e felicemente colorati di viola cominciamo a tornare. Ripercorriamo il bel sentiero selvaggio fra le placche e disarrampicando torniamo nel bosco dove i bimbi iniziano a giocare a salire su rami ed alberi. Ritroviamo il grande faggio con l’indicazione scritta a pennarello vs lò’Alpe Cavrua e alle 15 siamo di nuovo a Pogallo (q.780) dove forzo la mano ai bimbi “costringendoli” a seguirmi sul sentiero che porta all’alpe Prà per cambiare un poco il giro del ritorno. Ricominciamo a salire e i bimbi si ammutinano cominciando ad allearsi fra di loro contro la mia decisione. Circa un ‘ora dopo fotografo Giona depresso che si riposa ad un madonnino. Ripartiamo a fatica e alle 16.30 raggiungiamo i 1200 m dell’Alpe del Braco con resti murali che gridano come scheletri fra le erbe alte che li hanno ormai invasi e conquistati. Sprono i bambini e per un costone pratoso raggiungiamo dieci minuti dopo i resti un poco meglio conservati dell’Alpe Leciuri (q.1310) con tanto di tabelle a spiegare modi e tempi della vita che tanti anni qua ferveva. Scatto una foto bellissima di una pianta seccata dai fulmini e dal sole sullo sfondo delle pietre bianche che una volta eran casa in un atmosfera da day after. E’ tornata a comandare la natura in questo incanto di ruderi bianchi che brillano nel giallo dell’erba. Ci attende un ultimo strappetto che anticipa di poco il bivio vs Monte Spigo e Cima Sasso. Giona si gratta e allora gli tolgo delle zecche che trovo sulle gambe e braccia dei miei figli ( le mie le troverò l’indomani a puntate…) e cominciamo l’agognata discesa vs l’Alpe Prà (q.1225) che raggiungiamo alle 17 poco dopo aver traversato la caratteristica e bellissima breccia nella roccia che serviva per facilitare il transito delle bestie. Anche questo è un belvedere splendido con vista lago e ci passiamo un poco di tempo a giocare coi cavalli (Giona li insegue tentando approcci col puledrino ed è bellissimo osservare questi due cuccioli nei loro tentativi di relazione pieni di timidezze e paure reciproche). Poi troviamo e visitiamo il pubblicizzato masso coppellato anche qua con bella vista sul lago, dopodiché scendiamo a Cicogna per il sentiero fatto di pietre posate voltandoci di tanto in tanto a guardare con rammarico i prati bellissimi dove corrono liberi e padroni i cavalli e che stiamo per salutare definitivamente. Bellissimo il sentiero costruito con grandi gradoni in pietra armonizzati dalle crescite d’erba che rendono la scala di rara bellezza naturale. Con calma rientriamo in quel di Cicogna dove al barettino, birra e gelato segnano alle 18.30 il termine delle nostre fatiche. Grazie ragazzi.
Foto 1: l’arrivo a Pogallo foto 2: bimbi sulle placche foto 3 ritorno a Pogallo
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