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   corona(7 cime) di valmorta, 14/10/2017
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Onicer  oscarrampica   
Gita  corona(7 cime) di valmorta
Regione  Lombardia
Partenza  valbondione  (1000 m)
Quota arrivo  2715 m
Dislivello  3100 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  rif. curò
Attrezzatura consigliata  corda 30 mt, materiale per doppia, casco
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento E’ la quinta volta che salgo vs il curò con l’obiettivo di concatenare tutte le cime che fanno da corona alla Valmorta. Due volte ho rinunciato per il troppo vento, una per il temporale e due settimane fa per una crisi fisica post- notte di lavoro. Porto David a karate e poi via, parto per la val seriana. Alle 20.45 comincio a muovere i primi passi da valbondione nel buio vs l’invernale del curò che raggiungo con calma alle 22.30. C’è luna piena e la fredda luce argentea accarezza la Valbondione e il lago del barbellino regalandomi occasioni fotografiche. Soddisfatto rientro, mi faccio una tana di coperte, punto la sveglia alle 5, dormo e alle 4.45 apro gli occhi così che alle 5 sono già nel buio del nuovo giorno e del nuovo sogno, solo un poco timoroso per quanto accadutomi qualche gg fa: ma sembra che le gambe girino bene nonostante siano un poco imballate per le fatiche della vacanza a Vulcano tra running e bici. Salgo ascoltando il corpo e facendomi cullare dal corpo tanto che quasi m’addormento camminando. La luce mi coglie e mi sveglia alle 6.45 nei pressi del laghetto di mezzo di Valmorta: la grande course è iniziata, e faccio colazione riscaldato dai primi raggi di sole. Poi parto su per i ghiaioni che danno sul Passo di Valsena, godendomi la meravigliosa luce arancione che si rovescia sulla parete est del Coca. Transito nell’imbuto sassoso del passo abbandonato a se stesso alle 7.30 e da lì per costolone ghiaioso raggiungo la croce del Pizzo Cantolongo mezz’ora dopo (q.2830) abbracciato dai raggi del sole che è sorto la cresta di Valmorta. Ho sentito un poco di fatica ma mi consola il pensiero che d’ora in poi non dovrò più affrontare fortissimi dislivelli ma “ solo” continui saliscendi. I giganti delle Orobie prendono il sole e il Dente di Coca si sovrappone curiosamente al Redorta quasi volesse mettere in risalto ancor di più l’imponenza della sua regina. La costiera di Scais che continuo a sognare di percorrere integralmente, scende di cima in cima fino al Pizzo Rodes per poi cadere in Valtellina. Il percorso mi è noto e affronto preparato l’impegnativa discesa (passi II°) per cresta fino al passo del Druet e la successiva più semplice risalita per pietraie e ghiaie fino al cumulo di pietrame della cima dove giungo prima delle 9 a contemplare l’ignoto che mi aspetta: si eleva turrita e minacciosa vs il cielo blu la cima dei Cagamei ma prima, devo passare da quella del Vag. Zone impervie lontane dal passo degli umani. Passo dalla bocchetta del Vag con bella vista retro sull’aguzzo Druet e poco dopo sono sulla Cima del Vag (q. 2780, h 9.30). Una scheggia di pietra rompe la cresta e noto subito il cordino di calata (doppio e sicuro). Siamo al celeberrimo “salto del camoscio” e anche se sembra disarrampicabile tolgo la corda dal sacco, armo la doppia e batto una mano sul casco. Verso la Valtellina il misterioso gruppo delle Cime della Foppa si discosta verso nord dalla mia linea di cresta precipitando successivamente verso valle. Mi calo poggiando i piedi sui molti spuntoni e quando riosservo il salto dal basso, non mi sembra avere passaggi di IV°, come descritto. Zoomo sull’immensità del Pizzo Roseg e riguardo la Cima del Vag, bernoccolo di cresta. Poi riarrotolo la corda e riprendo la marcia per facile ma sempre un poco esposta cresta in direzione della prima Cima di Cagamei (Occ.) dove m’attende un cartello di ferro firmato anche dall’amico Alessio e vista sull’ormai in fase di scomparsa Vedretta del Vag. Venti minuti dopo sono sulla successiva Cima Orientale (q. 2913, h 10.30) e accanto all’ometto mi faccio un selfie verso la Valtellina: sembra di stare in cielo! Sono proprio sopra la piana di Valmorta: una steppa arida color ocra nella quale spicca l’occhio blu del primo laghetto. Lo sguardo corre un poco preoccupato vs le Creste di Valmorta: ora comincia il viaggio nel wilderness , su cui anche nel web ho trovato poco o niente. Inizio per sfasciumi fino a trovarmi sopra all’inizio della discesa verso la Bocchetta di Cagamei : il pendio erboso non è complicato finchè arrivo ad una sorta di costone che declivia facile vs sx e assecondando anche la direzione da seguire vs la bocchetta inizio la discesa che però dopo pochi metri diventa più verticale finchè dopo un piccolo passaggio su roccia appare troppo precipite. Risalgo allora all’inizio del costolone e anche se appare evidente che scendere a dx mi porterà sui ghiaioni più bassi sarò almeno certo di riuscirci e così deviando appena posso vs sx mi ritrovo un centinaio di metri sotto la bocchetta di Cagamei che si staglia nel blu del cielo ormai raggiungibile per erti ma facili ghiaioni. Arrivo in bocchetta alle 11.30 e guardo indietro per vedere il salto della linea diretta di cresta e che ho aggirato e i torrioni delle cime di Cagamei particolarmente aguzzi visti da qui. Mamma e camoscino mi osservano da una rupe e io guardo invece sotto di me le nevi della Vedretta del Vag e zoomo sul Disgrazia. Proseguo la salita in diagonale vs le creste di valmorta attento a studiare il percorso migliore per evitare i profondi e apparentemente verticali intagli che rompono la continuità della cresta fra le tre sommità principali. Raggiungo per ghiaie in una ventina di minuti l’omino della cima occidentale e guardo compiaciuto la linea della mia discesa dalla cima di Cagamei, certo più lunga ma decisamente più logica. Poi mi abbasso ad evitare il solco che la divide dalla piatta cima centrale e stando qualche decina di metri sotto la linea di cresta scelgo il punto migliore per traversare l’altro grosso canalone che scende fino a valle e mi divide dalla cima orientale, la più alta. Oltre il canalone mi arrampico su un grosso e poco inclinato placcone verificando la buona aderenza dei miei scarponcini ed evitando così i soliti sfasciumi. Tornato sul culmine di cresta passa il fruscio di un aliante e la vista torna a spaziare vs il gruppo del Bernina coperto dalle nubi e gli invece pulitissimi profili di Ortles Gran Zebrù Cevedale e poi Adamello. Il Diavolo di Malgina si avvicina, sotto di me a nord le profonde crepacciate dell’ancor possente Vedretta di Cagamei, oltrepasso un ometto e mi ritrovo nei pressi di un altro ometto che segna l’arrivo sulla punta più alta delle Creste di Valmorta, quella Orientale quotata 2873mt. Sono le 12.50 e accanto all’ometto di vetta rifletto sul fatto che il tratto appena affrontato era quello sul quale avevo meno informazioni e si è rivelato più semplice del previsto essendo il versante seriano sempre abbastanza appoggiato se attenti a scegliere la via più semplice. Da qua vedo tutte le creste finora percorse partendo dall’ormai lontano Cantolongo. Ora bisogna letteralmente precipitare sulla sottostante bocchetta di Valmorta ma qualche traccia guida nel crinale roccioso ed erboso (tratto secondo me più impegnativo, agevolato però da qualche certezza di passaggio). Quando scendendo capisco che è inutile raggiungere la bocchetta perché da li la cresta prosegue con una doppia punta rocciosa non velocemente praticabile, scendo direttamente ai sottostanti ghiaioni per transitare sotto le due punte rocciose e portarmi così a sx, sotto la verticale del Diavolo di Malgina. La tensione continua del percorso finora intrapreso, sciogliendosi finalmente in questo placido deserto di pietre, mi fa sentire improvvisamente stanco e incrociando due ragazzi che scendono dalla vetta confido loro di sentirmi bruciato e dubbioso sul riuscire a finire il mio progetto. Mancano circa 200 metri di dislivello vagamente segnalati da una traccia che sale serpeggiando su orrendi sfasciumi ma salgo tutto sommato abbastanza bene e alle 14.15 tocco la vetta con croce e campanella a 2930 mt quota più alta di giornata. Panorama immenso come la soddisfazione che mi coglie voltandomi a percorrere con lo sguardo la grande cresta percorsa che circonda la piana di Valmorta a nord e chiusa ad est dall’immenso Pizzo Coca. Davanti a me l’altrettanto grande bacino racchiuso tra le cime Trobio Gleno e Recastello che chiamano ad altra traversata di cresta e uno sguardo al basso rivela i blu occhi dei laghi Gelt e di Malgina. Ora si tratta di trovare il percorso migliore per dirigermi vs il Cavrel che si staglia oltre tante quote intermedie che lo separano dalla cima dove mi ritrovo. Come da relazione scendo per la cresta sud ma poco dopo mi trovo incrodato su un picco a strapiombo e diviso dalle quote successive. Mi fermo a ragionare e le alternative sono: 1) rischiare un passaggio diretto fra le cime che si stagliano poco sotto o 2) scendere più basso e cercare un punto per traversare oltre la cresta ed entrare nella valle laterale. Individuo un forcellino che rompe la continuità della cresta da valicare e opto per la seconda soluzione. Non ho tempo e forze per sbagliare e preferisco non rischiare soluzioni senza ritorno. Ricordo di una relazione trovata sul web in cui un tizio traversava a quota 2810 in direzione contraria della mia ma capisco poco dopo che non ci siamo perché il mio forcellino è a quota 2750 e quando lo risalgo, ho ancora una valletta da ridiscendere e poi risalire in direzione di una sorta di bocchetta, che pare mostrare tracce di passaggio. Tutto sembra gigantesco e immenso ma per uno scherzo di prospettive errate e probabilmente anche per via della stanchezza in realtà raggiungo la bocchetta in soltanto una decina di minuti col cuore in gola speranzoso che possa essere la soluzione cercata. Felice mi fermo sulla piazzetta accogliente: ora il panorama dal mio ottimo punto d’osservazione è fantastico e spazia sulla sottostante valle su cui si elevano a sorpresa tre cime e non solo Cavrel e Cappuccello e fra l’altro somiglianti come pinne fra loro e quindi non capisco quali siano le mie due fra le tre che vedo. Sono stanco e mi fermo a ragionare ma nemmeno guardando le foto delle relazioni svelo l’arcano perché sono parziali e scattate da angolazioni diverse. E’tardi, sono le 15.30, e mentre riposo mi rammento d’aver promesso a mia moglie che cercavo di non far tardi e così decido con rabbia che forse è meglio arrendersi e tornare un'altra volta con le idee più chiare sul percorso. Mi distraggo facendo foto a due stambecchi che gironzolano attorno ad un piccolo laghetto sottostante non segnato sulla carta e ad altri impegnati in un incredibilmente esposto passaggio in placca per cui si muovono come esperti climber spostando sapientemente il baricentro del corpo. Poi all’improvviso per uscire dal disorientamento, stabilisco che le mie due cime sono le più a sx e che sembrano da qua le due più alte. Decido quindi di scendere per ghiaie vs il colle che divide la prima dalla seconda e comincio a risalirlo ma quando ci arrivo e punto vs la cima comincio a dubitare della scelta fatta e quando sono arrivato ormai in cima l’errore mi pare talmente evidente che ancor ora mentre scrivo non capisco come ho fatto a farlo. E d’altro canto, invece, anche adesso riguardando le foto si capisce perché mi son sbagliato. Probabilmente anche un particolare gioco di prospettive e la vista schiacciata da sotto hanno contribuito all’errore. Insomma per farla breve mi rendo conto che sto arrancando inutilmente su un elevazione (che chiamerò finto Cravel) della lunga e articolata cresta sud che dal Diavolo corre fra quote varie e arriva fino al Pizzo Cavrel. Inverto il senso di marcia e riprendo a scendere. Adesso per lo meno non posso più sbagliare e dato che per andare vs casa più o meno è lo stesso decido di deviare leggermente vs sx per arrivare ai piedi della selletta citata nella relazione e della punta che divide il Cavrel dal Cappuccello. Scendo a salti per il ghiaione e quando arrivo alla base delle due cime e guardo l’orologio la prospettiva cambia totalmente: è vero che ho perso tanto tempo ma non è poi così tardi, sono solo le 16.30 mi sento bene , carico per lo sprint finale e un senso di nausea mi assale al pensiero di dover un giorno tornare per rifare tutto o peggio solo per completare il pezzo che manca. Lascerò lo zainetto qua (viveri acqua, corda 30 mt con imbrago e due moschettoni e qualche abito).. correrò veloce più che posso ma vivrò il sogno e poi spiegherò alla moglie. Parto assatanato su per il canale franoso che come un sentiero naturale punta vs la cima del Cavrel. Osservo guardando vs l’anticima del Diavolo che si vedono sia il forcellino che la bocchetta che mi hanno permesso di accedere a questa valle e li fotografo per memorizzare il passaggio obbligato ma non semplice da intuire e ricordarmene. Oltrepassato un tratto di grosso pietrame abbandono anche le racchette per affrontare il roccioso testone finale che con facili passi di arrampicata fra lame e blocchi mi conduce alla piatta sommita’(q.2830,h 17). E’ emozionante rivedere dall’altra parte della montagna, come fossero vecchi amici, i laghi della Conca del Barbellino. Sono felice, una fatica ormai naturale accompagna il mio incedere e mi par che potrei proseguire all’infinito. Raggiunto il grande ometto contemplo l’orizzonte a 360° soffermandomi sul passato (la grande corsa compiuta) e sul futuro (la testa del Cappuccello che fa capolino poco più sotto). Particolare la visione del bruno uniforme che colora il vallone dell’Alta Valle del Barberino e le cime che lo circondano: Cime di Bondone e Lago Gelt,Caronelle, Torena, Strinato. La monocromia di questo angolo di Tibet è spezzata solo dall’ombra che la mia montagna proietta e dal laghetto del Barbellino superiore. Oltre il Cappuccello si vede perfino Valbondione, il mio punto di partenza e fra qualche ora, di arrivo. Foto, gioia, rapida discesa con sosta per singolari foto a pietre increspate come fossero mare e mezz’ora dopo la cima arrivo nuovamente alla selletta punto di partenza per l’ultimo sforzo della giornata che sento come ridicolo se paragonato a quanto fatto finora: sono soli 100 miseri metri di dislivello! Riparto di slancio e dopo un pendio ghiaioso, un bel serpeggiare fra blocchi rocciosi evitando la placca verticale che cade dalla cima lasciandola a sx , affronto un piccolo traversino leggermente esposto vs dx guadagnando così la crestina finale che conduce al punto finale in cui per oggi posso beatamente dire: oltre solo cielo. Sono le 17.45 e dopo 13 ore di cammino la grande cavalcata è terminata. Ora potrò solo scendere e la abbraccio simbolicamente con lo sguardo realizzando che fuori dal cerchio è rimasto solo il Coca che chiude l’orizzonte con le sue creste sud e nord…….chissa’….. Sono felice di quella felicità che esplode improvvisa quando ormai non te l’aspettavi più di raccogliere il premio delle tue fatiche e invece ora è proprio così! Autoscatti celebrativi , l’ampiezza della veduta sulle creste percorse e soprattutto sulla complicata cresta che corre dal Diavolo fino a qua nella calda luce serale e surreale. Contemplazioni ipnotiche del battito cardiaco che si fonde con quello dell’universo, e il sole che scende per andare a nascondersi dietro il manto di Re Coca. Nella calma della sera mi sembra atto incongruo quello di rompere il silenzio delle forme alzandomi e dei suoni iniziando a camminare fra i sassi. Ma la ricarica è finita, è ora di tornare alla realta’,alla meravigliosa famiglia che mi attende. Il lago del Barbellino luccica verdazzurro a picco sotto di me e mi invita al rientro. Scendo leggero e poco prima delle 19 mi fermo in religiosa contemplazione e ringraziamento alla piana di Valmorta che tanto m’ha dato in questi anni in termini di attese poi tutte ripagate e con quello smarrimento che accompagna gli addii, magari definitivi, prendo congedo. Arrivederci. Alle 20 passo dal curò, acceso, alle 21.30 sono all’auto, alle 24 infilo le chiavi nella porta di casa. Fine. Grazie a te Dani e a tutta la famiglia, spero di riuscire a rendervi quello che mi permettete di vivere.
TABELLA CRONOLOGICA e delle quote: Rif. Curò(1900) 5,piana di valmorta(2145) 6.15,lago di mezzo(2410) 6.45-7, P. Valsena(2600) 7.30, Cantolongo(2830) 8, Passo Druet(2750) 8.30, P. druet(2870) 8.45, bocchetta vag(2780) 9.15, cima Vag(2900) 9.30, cime cagamei(2910) 10 e 10.30, ghiaioni sotto bocch. cagamei(2625) 11.15, bocch. cagamei(2700) 11.30,cima ovest/est di valmorta(2850/2870) 11.45/12.45. Ghiaie sotto bocc. di Valmorta(2700) 13.30, Diavolo di Malgina(2930) 14.15, passaggio q.ta 2750 15,bocchetta 15.15-15.30. finto cavrel 16,sella q. ta 2600 16.30, Pizzo Cavrel(2830) 17, sella 17.30, Pizzo Cappuccello(2715) 17.45-18. piana di Valmorta 18.45, Rif. Curò 20, valbondione(1000) 21.30. Dislivello totale 3100 mt. da Valbondione.
Foto 1: la grande cresta dalla cima del Cavrel Foto 2: vista salendo al Cavrel Foto 3 : in cima al Cappuccello

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