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   Valzurio, 04/04/2024
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Onicer  oscarrampica      
Gita  Valzurio
Regione  Lombardia
Partenza  Baite del Moschel  (1265 m)
Quota arrivo  1850 m
Dislivello  600 m
Difficoltà  MS
Esposizione in salita  Varia
Esposizione in discesa  Varia
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Farinosa
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Da anni avevo cercato vanamente un libro di Renato da Pozzo che risultava irreperibile in biblioteca ed esaurito nelle librerie e quindi avevo messo la foto del testo nella mia cartella dei libri introvabili. Poi in autunno Robi Tosca che deve liberare la cantina, mi chiede se voglio dei numeri vecchi del Duemila della rivista Orobie e glieli ritiro. Su quelle vecchie pagine trovo la pubblicità del libro che cerco allora in libreria e quindi ritorno sul web a cercarlo ma senza fortuna. Poi su un altro numero della stessa rivista trovo un articolo che racconta del tentativo di traversata artica che Renato da Pozzo compie con Franco Michieli (facendo contemporaneamente esperimenti su di se) e sperimentando un regime durissimo di privazione del sonno. Ritorno per l’ennesima volta a cercare info su Google e stavolta miracolosamente trovo il libro desiderato. Cerco in rete informazioni su Renato da Pozzo alpinista e non ne trovo se non su un omonimo personaggio che fa il modello. Mi faccio regalare il testo per Natale e quando lo apro dal pacchetto m’incuriosisce la copertina del protagonista in maglione di cashemire perché lo ricollego al modello che avevo visto in alcune foto e allora cerco altre info sul personaggio. Trovo notizie col contagocce e dei video particolari che aumentano la mia confusione. Ma alla fine grazie anche all’aiuto di mia moglie che mi da del pirla perché non riconosco che protagonista del libro e modello sono la stessa persona… svelo il mistero. Anche se resta certo un personaggio misterioso, affascinante e certamente insolito. Da una foto su un articolo che trovo in rete e che ingrandisco per riuscire a leggere, scopro che vive nell’Artico. Leggo il libro che sicuramente aiuta nella comprensione del personaggio… ma che si ferma proprio prima della partenza per l’esperienza di cui si parla nella rivista Orobie. Sono punto a capo... volevo proprio leggere di quella dura prova! Allora mi salta in mente di scrivere all’autore del pezzo, che è lo stesso del libro; incredibilmente mi risponde e per una serie di coincidenze e situazioni decidiamo d‘incontrarci. Fissato l’appuntamento per ritrovarci a casa sua, ci dirigiamo verso la Valzurio e dopo aver pagato il pedaggio per salire sulla ben bistrattata carrareccia, sulla quale ero già passato con Nico senza conservarne ricordi. Davide mi fa guardare l’immensa forra sopra la quale veleggiamo insicuri e mi racconta infiniti particolari di queste terre che ha scelto d’amare e d’abitare. Siamo costretti dalla neve a parcheggiare poco prima delle Cascine del Moschel e a alle 9.30 del 13/03/2024 ci fissiamo gli sci proprio davanti alla palina d’ingresso nella Valzurio a q.ta 1265m. Insolitamente (temevo brutte figure!) il mio sci sx si aggancia immediatamente e farà il bravo per tutta la giornata... forse lui in soggezione più di me. Entriamo nel bosco, io distratto come quando non so dove sono e mi affido alla conoscenza altrui e una piccola deviazione ci porta alle belle Vasche del Moschel impropriamente chiamate con l’anonimo e poco fantasioso “marmitte dei giganti” dove cascatelle e pozzi sono custodite nel folto degli abeti. Riprendiamo la vaga traccia che segna la neve e ci troviamo al bivio vs il Rif. Albani, mentre noi seguiamo l’indicazione per Baita Bruseda e Rif. Olmo. Chiacchieriamo del più e del meno mentre le nostre lingue sono impegnate più dei quadricipiti che spingono poco su pendenze non eccessive. Passiamo da un'altra polla d’acqua cristallina che spezza il dominio della neve e dove una palina in legno segnala la presenza di faggi secolari. Ora la coltre di neve si è alzata e viaggiamo in scie fresche di neve ovattata di cui sentivo veramente la mancanza dopo anni di abbandono della pratica scialpinistica. Ad un certo punto le nostre parole inciampano sul termine sensitivo… so che lui è stato in contatto nei suoi viaggi con molte popolazioni indigene, che noi definiremmo primitive, e che hanno mantenuto viva e alta la capacità ancestrale dell’uomo di “sentire” e quindi poter pre-vedere (le visioni...) quello che succede. Ora affidiamo alle macchine il potere predittivo e ci stiamo distruggendo con le nostre mani soprattutto per l’incapacità clamorosa che dimostriamo nel saper leggere il nostro e l’altrui cuore. Non percepiamo di abitare un universo molto più grande e incomprensibile di noi: viviamo immersi in mondi sottili che si disfano e riformano più veloci della nostra capacità di fermarli per poterli comprendere..è solo quando vediamo la loro scia che ci avviciniamo alla realtà.
Condividiamo alcuni episodi della nostra vita in cui questo potere si è liberato in noi e il folto degli abeti ripara le nostre nostre conversazioni da orecchi che non potrebbero capire. C’è comprensione reciproca su questi temi insoliti e difficili da affrontare e il bosco diventa lo stadio dove giochiamo la nostra partita di parole, la cattedrale dove ci confessiamo chi siamo. Intanto gli sci volano lenti sulla neve e salgono ma poco convinti. Continuiamo a parlare e raccontarci e la profondità dei discorsi che aumenta come la bellezza e la purezza del paesaggio che ci circonda, mi distoglie dal cogliere i particolari dell’ambiente. Capisco che oggi è solo sfondo e sottofondo alla voce delle nostre anime che reciprocamente si aprono allo sconosciuto altro. Parliamo dei nostri figli e di noi fino a quando improvvisamente il discorso si fa confidente e ricevo in dono una consegna. Davide si ferma, sembra quasi riprendersi dall’immersione nel suo io e mi raccomanda di non parlarne con nessuno. Scherzando gli assesto un pugnetto nello stomaco e gli dico di non farmi arrabbiare: sono un pirla fuori (… non mi ricordo cosa ho fatto ieri ma so riconoscere i sentimenti veri… sono quelli che lavorano di notte come i panettieri..e gli infermieri) ma dentro so custodire i doni e non ne faccio merce. Lo ringrazio con gli occhi quasi luccicanti e riprendiamo a salire pigramente sempre alle prese con nuove parole. Improvvisamente la neve diventa fresca e accogliente e contemporaneamente un dosso di neve intonsa e luccicante lascia scoprire salendo, come un lenzuolo che si ritrae le magnifiche creste della Presolana e di valzurio che come dardi puntano il cielo ancora opalescente. Che spettacolo, superato il dossetto lo spazio si apre e una piccola virata a sinistra ci porta all’alpeggio di Pegherola, h 11. Ora il cielo si è liberato dalle nubi e risalta a destra l’imponenza dello spigolo nordovest della regina delle Orobie vecchio sogno non ancor appagato e il muraglione della Presolana Occidentale, mentre a sx le linee più morbide di Ferrantino e Ferrante. Riprendiamo a salire su neve sempre più bella e immacolata e poco dopo nella luce del mezzogiorno raggiungiamo un plateau che sembra il ponte di una nave dove Davide mi dice se può bastare per oggi e io gli rispondo di essere ospite e quindi di adattarmi ai suoi desideri. Ci fermiamo, togliamo gli sci e togliamo le pelli… il pendio di discesa è invitante anche se poco inclinato e con la neve un po’ cotta che non permette una grossa velocità ma riprovo la sensazione quasi offuscata di farsi condurre dalle lame nella neve e fra il bosco. Ci fermiamo sotto un larice a dividere un pacchetto di cracker integrali e mi vien l’idea di una bella foto che ci ritrae dietro le fronde. Riprendiamo la lenta discesa fra declivi nevosi e serpentine nel bosco dove seguo la scia di Davide. Arriviamo alla pozza d’acqua dove lui fa delle riprese del gorgoglio col suo telefonino e poi per pendii sempre più poveri di bianco che ci costringono a qualche acrobazia per unire le strisce di neve, arriviamo dopo piccolo spallaggio per le 13.30 nuovamente all’auto. Accetto la proposta di Davide di andarci a bere una bella birra in un posticino che sa lui e davanti alle caraffe e a due bei panini iniziamo nuovi discorsi questa volta sulla vita, sulla fede, su Dio e la politica. Mi fa nuove rivelazioni su quegli spazi indefiniti che stanno fra la vita e la morte delle persone e anch’io gli racconto brandelli della mia vita e della mie scelte. Alcuni passaggi mi commuovono e lo abbraccio per la purezza di pensiero e intenti di un uomo profondo perché non ha mai smesso di scavare dentro di sé… e mi libera da quella diffidenza che m’impedisce di raccontare ciò che sei nel profondo perché in questo cazzo di mondo siamo abituati a parlar solo di stronzate o dei guai che ci accadono. Abbiamo smesso di cercare vie per creare benessere nostro e dell’ambiente che ci circonda. Abbiamo smesso di cercare un senso rischiando di dimenticarci delle profondità e delle bellezze che possiamo estrarre da noi per donarle al mondo. Rischiamo di smettere di essere umani. E allora la poesia diventa scintilla di parole che si accendono nel buio della conoscenza, nella rincorsa infinita all’essenzialità del silenzio. E la fede, diventa dono per chi sa intendere la voce di un Dio muto. Grazie Davide perché oltre a trovare un amico ho trovato un esploratore dell’anima, dei luoghi e delle vie che la Vita si diverte ad indicarci. Grazie davvero. Buon viaggio, buona vita.
Foto1 Presolana Occidentale e di Castione Foto2 io e Davide in pausa Foto3 Baite di Pegherolo



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