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   Monte Prena, per la Via Cieri, 18/07/2014
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Onicer  Pierpaolo   
Gita  Monte Prena, per la Via Cieri
Regione  Altro
Partenza  Campo Imperatore, loc. Fonte Vetica (AQ)  (1560 m)
Quota arrivo  2561 m
Dislivello  1250 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  Nessuno
Attrezzatura consigliata  Normale da escursionismo + caschetto
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Terzo e ultimo giorno nella zona del Gran Sasso e di Campo Imperatore. Stavolta abbiamo in programma di staccarci dall’area del Corno Grande, andando a esplorare una zona comunque non molto distante e meno battuta, ma ad ogni molto interessante dal punto di vista escursionistico e non solo. Dopo una lunga riflessione nei giorni precedenti, la scelta su dove andare precisamente ricade sul roccioso Monte Prena per la Via Cieri, un percorso che si sviluppa per lunghi tratti dentro un canalone, dove per salire è spesso necessario mettere la mani sulla roccia e arrampicare in modo non difficile. Dovremmo partire dalle miniere poste nella zona di Fonte Vetica, ma ci accorgiamo subito che dovremo, tra andata e ritorno, allungare di qualche chilometro il percorso, visto che la strada per arrivarci, a dispetto di quanto letto in una relazione che pareva fidata, è tutt’altro che percorribile in auto, essendo costellata di voragini, più che di buche. Ci avviamo dunque camminando per un lungo tratto iniziale in falsopiano, immersi in un ambiente che ci dà la sensazione di essere dentro un film western, non a caso dal momento che nella piana di Campo Imperatore di pellicole sul genere ne hanno girate per davvero… In un’atmosfera dal sapore desertico, desolato, mistico e affascinante raggiungiamo il greto di un fiume in secca, muovendoci seguendo quasi pedissequamente le indicazioni della traccia dentro il navigatore satellitare, visto che di sentieri e segni finora non ne abbiamo visto neanche l’ombra. Continuiamo un po’ perplessi superando a volte salti in cemento, fino ad arrivare in un punto dove in effetti sembra staccarsi un sentiero che ripido conduce in un valloncello. Lo rimontiamo a fatica raggiungendo una sella, ma anche qui la cosa appare fuorviante, perché seguendo degli ometti che sembrano condurre sulle bastionate rocciose dove pensiamo possa esserci la via ci accorgiamo di finire invece fuori traccia. Torniamo allora alla sella e tiriamo dritti, perdendo quota sul sentiero che sembra sparire. Poco dopo, invece, compaiono dei provvidenziali simboli gialli che seguiamo e conducono alla biforcazione tra due vie, la nostra e quella più impegnativa dei Laghetti. Troviamo finalmente la targa che indica l’inizio della Via Cieri e dopo avere messo il caschetto possiamo iniziare a fare sul “serio”. L’avvio sinceramente un po’ ci sciocca, perché c’è da rimontare subito uno sperone roccioso di circa dieci o quindici metri, piuttosto esposto e povero di appigli. La cosa più fastidiosa, che ci accompagnerà per tutto quanto il percorso, è però la massiccia presenza di ghiaia a terra, staccatasi dalla roccia che in molti punti ha un’inusuale conformazione, come fosse una “sfoglia” che nel tempo evidentemente tende a sgretolarsi, ricoprendo la via appunto di infida ghiaia. Con qualche titubanza supero il tratto che non mi aspettavo potesse essere così ostico, scoprendo poco più su che esiste la possibilità di una deviazione meno impegnativa e che quindi caldamente consiglio alle mie due compagne di escursione. Da qui in su non ci sono grandi difficoltà, bisogna solo stare attenti a seguire la giusta via e non divagare per errore altrove, come ho fatto io più su finendo per dovere fare un pericoloso traverso nel rientrare sul percorso. Il caldo e la fatica si fanno sentire, di tanto in tanto ci concediamo perciò una pausa. La Cieri è piuttosto lunga e lo sappiamo, di dislivello da coprire prima di giungere sul Monte Infornace, anticima del Prena, ce n’è parecchio. Saliamo, saliamo e sembra non finire mai. Ma alla fine, un po’ provati, giungiamo al suo termine. Quando ormai il più sembra fatto, proprio sull’Infornace ci si apre davanti una visuale che in quella situazione di stanchezza ci appare quasi infernale: la cresta che conduce alla vetta del Prena è infatti molto diversa da come pareva essere nella relazione. E’ molto più lunga, articolata ed esposta. In più, il meteo che nelle ore precedenti è stato sempre ottimo volge ora al brutto. Il cielo, proprio dietro al Prena, è nero. Siamo basiti, ma con freddezza dobbiamo prendere la decisione di tirare dritti, perché tornare sui nostri passi sarebbe ancora peggio, visto che la Cieri è lunga e può diventare pericolosa in caso di pioggia. Con i nervi un po’ tesi avanziamo fra tratti esposti, un paio di catene arrugginite e pendii rocciosi ripidi da sormontare a fatica. Quando sembra di essere arrivati in cima, c’è ancora da camminare per raggiungerla. Ma alla fine riusciamo a farcela, con la sensazione di avere fatto quasi un’impresa. Siamo immersi nella nebbia, tira vento a momenti forte, ma fortunatamente non piove. Non c’è tempo da perdere, perché sappiamo che il sentiero di rientro per la via normale non è banale. E in effetti dobbiamo prestare molta attenzione, perché c’è da scendere in un canalino roccioso articolato e ripido, motivo per cui avanziamo lentamente. Pur con qualche difficoltà perdiamo quota fino a dove le pendenze diminuiscono. Possiamo ora dire di essere fuori dalle vere difficoltà, anche se permangono quelle di orientamento, dettate dalla visibilità che si mantiene nulla e non ci fa vedere i bolli di indicazione. In qualche circostanza finiamo in effetti per perdere il sentiero tra le rocce, ma con l’aiuto del GPS riusciamo a capire dove andare. Prendiamo a questo punto una larga cresta brancolando nel “buio”, giungendo alla depressione denominata “Vado Ferruccio”. In questo punto sbuchiamo finalmente sotto le nuvole, riuscendo perciò ad apprezzare il bellissimo panorama. Seguiamo un sentiero che perde quota, preposto alla chiusura del nostro giro, ma quando pensiamo che ormai sia solo una questione spensierata all’improvviso ci si pone davanti un tratto molto esposto a mezza costa che pare parzialmente franato. Ci impieghiamo un po’ di tempo per riuscire a superarlo, soprattutto per una questione psicologica, ma anche quest’ultimo ostacolo è vinto. Non ci rimane che ripercorrere l’iniziale piana per tornare all’auto, provati mentalmente e fisicamente. Il meteo, facendo fede alle previsioni, ci ha risparmiato pioggia e temporali, anche se lassù le cose a un certo punto sembravano potere andare diversamente. Chiudiamo così, in modo decisamente intenso, le nostre avventure sul Gran Sasso per quest’anno. Ma ci rivedremo di sicuro per altre, perché questa zona ormai ci ha stregati.

Foto 1: sulla via Cieri
Foto 2: sempre sulla Cieri
Foto 3: stanchissimi, in vetta
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