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   Cima Moren, 01/06/2014
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Onicer  Pierpaolo   
Gita  Cima Moren
Regione  Lombardia
Partenza  Borno Loc. Navertino (BS)  (1060 m)
Quota arrivo  2418 m
Dislivello  1370 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  Nessuno
Attrezzatura consigliata  Normale da escursionismo
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Questa domenica c’è da dirigersi verso la Valcamonica, causa “forza maggiore”. Va perciò scelta una escursione in quella zona e la decisione ricade sulla Cima Moren, sorella del più blasonato Pizzo Camino. Andremo, o meglio torneremo, anche da lui a fare una visita, ma non oggi. Siamo reduci da un inverno di abbondanti precipitazioni, la coltre nevosa sta rapidamente lasciando lo spazio alla primavera e all’estate, ma oltre una certa quota le incognite di cosa si andrà a pestare nei tratti più delicati del percorso odierno permangono e ci suggeriscono di partire armati fino ai denti, per evitare una eventuale mesta ritirata di fronte a difficoltà insormontabili. Buttiamo perciò dentro lo zaino ramponi, piccozza, corda da 30 metri, imbrago, moschettoni e cordini. Siamo pronti a ogni evenienza insomma. Arriviamo dunque a Borno in località Navertino con la mezza idea di provare a salire in auto fino al Lago di Lova per guadagnare tempo prezioso, visto che per vari motivi, compresi quelli meteorologici, oggi è contato. Un cartello indicante divieto di transito stoppa però le nostre velleità, dobbiamo perciò anche ingegnarci per trovare un posto auto tra i pochi disponibili a disposizione. Provvidenziale è una “soffiata”, che ci suggerisce di proseguire qualche centinaio di metri lungo una adiacente strada non asfaltata, fino a trovare un comodo spiazzo dopo un ponte. Ci avviamo direttamente da quel punto lungo un sentiero privo di segnalazioni, con l’incognita se sia giusto e vada a ricollegarsi a quello principale. Dopo un po’ di giungla, tra selva e ortiche, riusciamo a riprenderlo, proseguendo ora con passo più regolare. E’ una fortuna che l’idea di salire in auto al lago sia stata respinta dal divieto, perché un tratto in particolare, sebbene siano presenti due strisce cementate di grande aiuto alla salita in vettura, è davvero molto ripido, consigliabile solo ai mezzi dotati di trazione integrale. Superato il lago, senza però vederlo, lasciamo il bosco sbucando in spazi molto aperti. Superiamo la deviazione del sentiero basso che porta al Rifugio San Fermo, raggiungiamo una bellissima e panoramica chiesetta, tiriamo dritti alla seconda deviazione del sentiero alto diretto anch’esso al medesimo rifugio e ci inoltriamo nel vallone circondato da diverse vette rocciose, tra le quali anche la “nostra”. Pestiamo neve salendo di quota, ma è fortunatamente portante e non ci crea particolari impicci nel camminare. Giunti nei pressi della rampa che porta al colletto di collegamento alla cresta incontriamo alcuni escursionisti intenti alla discesa. Il nostro primo pensiero è quello di chiedere loro quali siano le condizioni del tratto finale e veniamo rassicurati del fatto che sia quasi tutto pulito e privo di neve. Non ci dispiace comunque di esserci dovuti sobbarcare l’attrezzatura per salire, meglio essere previdenti in casi come questi. Guadagnato a fatica il colle rifiatiamo solo qualche istante, prima di riprendere la marcia. Il nostro sguardo volge infatti spesso al cielo che di tanto in tanto sembra minacciare un peggioramento delle condizioni e questo contribuisce a metterci il “turbo”. Affrontiamo dapprima roccette e qualche tratto esposto, per poi portarci nei pressi di un canalino dove le cose sono leggermente più ostiche, rese complicate da una residua striscia di neve posta su un traverso che ci impone occhi ben aperti. Sormontato lentamente questo pezzo, camminiamo su breve cresta a momenti un po’ affilata, toccando l’anticima della montagna. C’è ora da calarsi nella fatidica paretina di venti metri, citata dalle relazioni come il tratto più impegnativo della via. Scendiamo con molta calma faccia a monte, anche perché mettere i piedi in alcuni punti un po’ fangosi non è che dia tutta questa sicurezza. Arrivati al sottostante intaglio ci bastano pochi minuti per risalire e toccare la croce di vetta. Spettacolare è lo scenario da quassù, particolarmente verso le imponenti bastionate rocciose del Pizzo Cammino. Dopo una breve pausa torniamo indietro, per la medesima via di salita. La paretina sottostante l’anticima è più agevole affrontata in salita, il resto della cresta impone sempre cautela, specialmente nei pressi della lingua di neve. Notiamo la presenza di un cordino e di qualche chiodo arrugginito in questo punto, potrebbero tornare decisamente utili in presenza di neve o ghiaccio. La discesa del vallone, sciando con le pedule sulla neve, si rivela anche divertente. Il meteo nel frattempo lentamente e gradualmente peggiora, inizia anche a piovere e come percorso scegliamo a questo punto una linea più diretta che taglia prima per prati, poi per bosco. Ammiriamo solo fugacemente lo scenario al passaggio di fianco al lago, disturbati dalla pioggia che tempo però qualche minuto cessa. Non ci rimane che la strada di collegamento con Navertino per fare ritorno all’auto, chiudendo l’escursione in cinque ore esatte, grazie soprattutto all’assenza di incognite su questo bel percorso, cosa che ci ha permesso un passo sempre regolare.

Foto 1: nel primo tratto di cresta
Foto 2: Alle prese con la paretina sotto l'anticima
Foto 3: Appena sotto la vetta
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