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   Monte Secco (tentativo), 10/11/2013
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Onicer  Pierpaolo   
Gita  Monte Secco (tentativo)
Regione  Lombardia
Partenza  Piazzatorre fraz. Piazzo (BG)  (1112 m)
Quota arrivo  2204 m
Dislivello  1150 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  Baita-Bivacco di Monte Secco
Attrezzatura consigliata  N.d.e. In queste condizioni sarebbe stata utile anche una dotazione composta da corda, imbrago, moschettoni e cordini.
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Mediocri
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento A distanza di un anno esatto torniamo all’assalto del Monte Secco, essendo un’escursione che tanto ci aveva soddisfatti alla prima assoluta. Che il meteo di domenica ci sia ostile ormai non fa quasi più notizia, è diventata una sorta di prassi. Ma la stagione autunnale avanza, in presenza di maltempo la nevicate puntano perciò sempre più in basso, portandosi appresso incognite e difficoltà. Ed è proprio il caso di oggi. Le mappe meteorologiche mostrano infatti sfondamenti irregolari di precipitazioni in seno alle correnti in quota da nord ovest. Insomma, è difficile capire quanta “roba” verrà giù dal cielo. Partiamo dunque dalla frazione Piazzo di Piazzatorre sotto un cielo coperto, avvolti a tratti dalle nebbie che vanno e vengono, confidando sul fatto che se il tutto dovesse rimanere in stand-by potremmo anche farcela a raggiungere la nostra meta odierna, senza eccessive difficoltà. Del resto le precipitazioni finora sono state poca cosa e di conseguenza le webcam mostrano in quota la presenza di sole tracce di neve. Saliamo su sentiero fin da subito ripido tra infiniti zig zag. Il dislivello aumenta in breve tempo, ma ce ne vuole prima di sbucare fuori dalla monotonia. Nel frattempo però inizia a nevicare e lo fa immediatamente in modo piuttosto copioso. Continuiamo a salire sotto una fitta nevicata che in breve tempo imbianca tutto e la cosa getta dei seri dubbi alla speranza di arrivare in cima che solo un’ora prima avevamo ben più forte. Arrivati alla Baita-Bivacco di Monte Secco optiamo senza indugi per una pausa rifocillante, pensierosi sul da farsi. La precipitazione nevosa cala di intensità, ma il “danno” ormai è fatto, visto che a terra c’è già abbastanza neve da complicare le cose su una cresta. Ripartiamo comunque alla volta del Passo di Monte Colle, è uno spartiacque di più vie, prenderemo perciò lì una decisione definitiva su dove dirigerci. Arrivati al passo, accompagnati da gelide raffiche di vento, non ci mettiamo però molto a stabilire cosa faremo. L’idea che va per la maggiore è quella di incamminarci in ogni caso in direzione del Monte Secco, se le difficoltà saranno insormontabili faremo retromarcia. E così a passo svelto prendiamo la panoramica cresta diretta verso la nostra iniziale meta. Nonostante la neve al suolo, dentro di noi aleggia la convinzione che ce la faremo. E’ proprio la cresta a darci questa illusione, perché buona parte di essa è larga, di facile percorrenza. Sappiamo che nel suo ultimo pezzo si restringerà, ma la nostra fiducia vive anche sulla memoria di un anno prima, perché non ci ricordiamo passaggi che ci avessero messo in crisi. Di neve poi non è che ce ne sia molta, sarà tutto più o meno simile ad allora… E invece d’improvviso la nostra finora amata cresta ci dà uno schiaffo sonoro. Perché proprio d’improvviso la cosa si complica decisamente quando arriviamo dinnanzi a un canaletto da vincere in arrampicata di primo grado circa, ma esposto su un traverso che dà sul vuoto. Sarebbe tutto relativamente semplice, se non fosse proprio per quello strato di neve al suolo che nasconde placche su cui è a sua volta poggiato a tratti del sottile ghiaccio, occultato dalla neve stessa. Osservo la consistenza di ciò che c’è sotto ai miei piedi e arrivo brevemente alla conclusione che qui stanotte ha piovuto e poi la temperatura si è abbassata. Di conseguenza, l’acqua sulle rocce si è gelata e poi ci ha nevicato sopra. Insomma, un bel mix infido. Decido però di andare in avanscoperta, lasciando prudentemente giù le mie due compagne di escursione, per vedere se superata questa difficoltà sopra le cose tornino come prima. Con estrema cautela salgo il breve canaletto, ma in cima bisogna fare un breve traverso orizzontale su una placca piccola ma inclinata, ovviamente non del tutto visibile per via della neve. Non me la sento di andare oltre e così con altrettanta attenzione torno giù, il vuoto sotto di me fa un po’ impressione. Non mi rammarico di non avere i ramponi, in una condizione del genere non servirebbero a nulla. Tornato sul traverso noto un altro canaletto della stessa lunghezza posto appena sulla sinistra del primo. Qui ci sono più balze erbose e meno rocce. Provo a tornare su perché intuisco che questa soluzione mi farà evitare la pericolosa placca. Così in effetti è. A questo punto vado ancora avanti per vederci meglio, ma mi fermo praticamente dopo pochi passi. La cresta, essendo affilata, con questo mix di neve e invisibile ghiaccio presenta troppe incognite e pericoli a ogni passo. Batto così definitivamente in ritirata, comunicando dall’alto alle mie due compagne che bisogna saggiamente rinunciare. Per me però le difficoltà non sono finite, mi trovo infatti davanti a due sole scelte per tornare giù, entrambe non facili: ripercorrere a ritroso il secondo canaletto fatto di balze erbose, oppure superare la difficoltosa placca inclinata e scendere dal primo canaletto già salito e sceso. La scelta è ardua, ma alla fine opto per la seconda soluzione, perché non mi ispira granché l’idea di mettere i piedi in ripida discesa su erba resa ancora più scivolosa dalla neve. Mi faccio un po’ di coraggio e dopo qualche tentennamento quasi in spaccata riesco a superare la temuta placca. Scendo nuovamente con immutata attenzione il primo canaletto e ritorno così al sicuro, fuori dalle difficoltà. Nel prendere mestamente la via del ritorno ci assale un certo scoramento. Ci voltiamo infatti più volte con malinconia a guardare il tratto che ci ha respinti, pensavamo davvero di potercela fare. Il meteo inoltre si fa beffa di noi, perché nubi e nebbie via via si diradano, lasciando spazio gradualmente al sole, cosa che ci mostra impietosamente quanto l’anticima del Secco con il suo vistoso ripetitore fosse lì, proprio a un passo da noi. Ci fremono quasi i piedi per tornare ancora indietro e ritentarci, ma proseguiamo la nostra marcia verso il basso perché sarebbe un’autentica follia. Bisogna sapere rinunciare quando non ce n’è. Tornati al Passo di Monte Colle abbandoniamo da subito l’idea di ripiegare sul Badile brembano perché sappiamo riservare tratti altrettanto pericolosi, con queste condizioni, nella discesa su opposto versante. Ci abbassiamo invece un pochino per andare a prendere una labile traccia di sentiero, inizialmente anche esposta e difficoltosa, che tagliando successivamente a mezzacosta sui ghiaioni sottostanti il Badile, dovrebbe a occhio puntare le Torcole. La nostra intuizione è giusta, seguendo perciò questo sentiero contrassegnato tra l’altro da bolli azzurri e superando ulteriori tratti un pochino ostici arriviamo a incrociare i sentieri che puntano decisi verso il basso, per poi collegarsi con la strada che funge da via normale per il Rifugio Gremei. Facciamo così ritorno all’auto nell’oscurità, contenti in parte per avere goduto di scenari suggestivi, ma un po’ frustrati per la mancata meta. Sarebbe bastato un solo giorno di posticipazione della nevicata per permetterci un tranquillo completamento del nostro itinerario, ma la montagna è fatta anche di questo!

Foto 1: in salita, finché la cresta è facile...
Foto 2: sull'esposto traverso che collega i due soprastanti canaletti da me saliti
Foto 3: sulla via del ritorno esce il sole, lo scenario è suggestivo
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