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   Monte Reseda, 25/04/2013
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Onicer  Pierpaolo   
Gita  Monte Reseda
Regione  Lombardia
Partenza  Carona  (1200 m)
Quota arrivo  2383 m
Dislivello  1200 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  Rifugio Calvi
Attrezzatura consigliata  Ciaspole, Ramponi, Piccozza
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Qualche mese prima ci eravamo posti un dubbio: Cima Vallocci o Monte Chierico? Oggi il dilemma è: Monte Madonnino o Monte Chierico? Questa volta siamo fiduciosi di salire il Chierico per le creste, più che altro perché dei due questo itinerario oggi sembra più sicuro in tema di valanghe, visto che con queste temperature odierne abbastanza elevate il rischio è destinato ad aumentare considerevolmente nel giro di qualche ora. Arriviamo dunque a Carona abbastanza propensi nel perseguire il nostro obiettivo prefissato, ma una volta giunti al tornante dove parte il sentiero diretto al Rifugio Calvi iniziamo a tentennare, vedendo diversi ciaspolatori e scialpinisti intenti nei preparativi prima della partenza. Scambiamo due parole con qualcuno e veniamo a conoscenza del fatto che più di una persona ha nelle sue mire, o quantomeno nei suoi propositi, il Monte Madonnino. Proseguiamo ugualmente alla volta del punto posto un po’ più in alto dove parte il sentiero per la Val Carisole che porta a prendere la cresta del Chierico, ma la vista in quel momento abbastanza desolante di nessuna forma di vita umana, nemmeno rappresentata da qualche auto parcheggiata nei pressi di quella zona, ci fa del tutto desistere da quel proposito. La mia idea sarebbe inoltre quella di compiere eventualmente un giro ad anello prendendo il sentiero che da metà cresta scende in Val Sambuzza, ma è proprio il pericolo valanghe a convincermi ulteriormente che ancora una volta è meglio rimandare questa escursione. Ci incamminiamo perciò piuttosto convinti alla volta del Calvi, spinti dall’aggiuntiva motivazione che manchiamo da un po’ di tempo da quella zona e c’è una certa voglia di riassaporare uno degli angoli più belli delle Orobie. Il nostro piano è quello di arrivare al Passo Portula, se poi le condizioni non saranno abbastanza sicure per andare a prenderci la vetta del Madonnino pazienza, avremmo comunque passato una bella giornata. Marciamo dunque a passo abbastanza spedito, fino al Lago del Prato il percorso è sgombro da neve, poco sopra compare all’improvviso costringendoci a rallentare un pochino, anche se essendo ancora abbastanza presto è ottimamente portante, nonché ultra battuta dai ripetuti passaggi, e la cosa ci evita di dovere calzare le ciaspole. Alla diga del Fregabolgia la nostra attenzione è catturata dal Canale Nord del Cabianca. Un po’ inaspettatamente vediamo infatti quattro persone intente a risalirlo, onestamente non mi sarei aspettato che qualcuno potesse azzardare oggi quell’itinerario. La cornice sommitale al canale è piuttosto imponente, mi chiedo perciò come faranno gli escursionisti a vincerla. Proseguiamo il cammino e in breve tempo siamo al Calvi, già decisamente affollato di persone. Dopo una breve pausa riprendiamo il nostro trotto, seguendo però una traccia che non passa per la via classica diretta al Passo Portula, bensì se ne sta un po’ più a sinistra e segue quello che dovrebbe essere stato il percorso di riserva del Trofeo Parravicini svoltosi qualche giorno prima. Il sole scalda sempre di più ma la neve è ancora molto portante anche senza ciaspole. Non siamo soli su questo itinerario, qualche escursionista e sci alpinista ha scelto la medesima via. A un certo punto arriviamo alla base di un pendio abbastanza ripido, vediamo che le tracce degli sci alpinisti proseguono lì nella sua parte assolata. Noi invece decidiamo di prendere una variante, salendo per un canaletto all’ombra già slavinato posto a sinistra. Man mano che saliamo la pendenza aumenta sempre più, ma soprattutto la neve diventa sempre più dura, cosa che ci induce a mettere i ramponi. Il rigelo ha svolto un ottimo lavoro e la progressione è agevole, sbuchiamo poco sotto il Passo Portula e nel giro di qualche minuto siamo lì. A questo punto ci soffermiamo a osservare la assolata pala del Madonnino, da qui si mostra infatti perfettamente a noi. Dopo qualche minuto e un po’ a malincuore rinunciamo ad attaccarla, perché: 1) non c’è nessuna traccia che va su e questo ci fa riflettere. 2) Nella parte alta sotto la vetta c’è molta neve, la cornice di cresta vista da qui sembra quasi un fungo che incombe sulla sottostante pala e nel bel mezzo della parte più carica del pendio c’è un piccolo distacco a forma di pera, non so quanto vecchio. 3) Soprattutto, sono le 11 e la neve al sole sta iniziando a smollare a vista d’occhio. In base a queste considerazioni ci rendiamo conto che oggi saremmo dovuti partire ancora prima per potere tentare l’ascesa in sicurezza. A quel punto decidiamo di proseguire in direzione opposta per vedere che faccia abbia l’itinerario che porta al Monte Reseda. C’è qualche traccia e questo già ci conforta, mi viene da pensare che qualcuno abbia fatto la stessa nostra scelta di “ripiegare” su una cima oggi più abbordabile. Teniamo i ramponi ai piedi e facciamo bene, perché giunti sotto la crestina del Reseda si riveleranno molto utili. E’ infatti molto breve ma esposta, presenta passaggini che sono un misto fra neve in via di smollamento, rocce e terra bagnata. Con cautela saliamo a fare visita all’ometto di vetta e ridiscendiamo, ma per tornare giù prendiamo una traccia battuta che avevo visto dalla cima e non ripassa per il Passo Portula, ma scende al cospetto del Reseda. La neve intanto man mano che si scende sta smollando rapidamente e si tende a sprofondare sempre più. Non sapendo sotto quali pendii passi precisamente questa via, decidiamo di non fermarci a togliere i ramponi a favore delle ciaspole per non perdere tempo ed esporci poi a eventuali rischi. Ci ricolleghiamo alla traccia di salita al Portula nella sua parte medio bassa e ci stupiamo di come in un’ora e mezza la condizione della neve sia cambiata completamente in quei punti, da portante a sfondare a tratti fino alle cosce. Nel tratto di discesa veniamo catturati dalla presenza dell’elicottero di soccorso che atterra di fianco al Calvi, verremo a sapere che qualcuno si è fatto male proprio nei tratti di salita al Portula. Arriviamo un po’ faticosamente al Rifugio e possiamo dunque rilassarci crogiolandoci al sole, godendoci il meritato riposo. Ripartiremo un paio di ore più tardi, facendo ritorno all’auto un pochino provati ma soddisfatti per la bella escursione fatta, finalmente baciata da un caldo sole dopo un periodo caratterizzato spesso da condizioni uggiose concomitanti proprio a giornate potenzialmente buone per effettuare uscite in montagna. Ritenteremo il Madonnino in altre circostanze, di sicuro lui da lì non si muove e la nostra motivazione di conquistarlo rimane alta…

Foto 1: Monte Madonnino e canaletto da noi risalito, poco a sinistra della linea d'ombra
Foto 2: In cima al canaletto
Foto 3: Sulla via per il Reseda
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