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   Tofana di Rozes, parete sud, via “eterna” Dimai con variante ravanante , 12/07/2011
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Onicer  al   
Regione  Veneto
Partenza  Rifugio Dibona (2083m)
Quota attacco  2200 m
Quota arrivo  3225 m
Dislivello  800 m
Difficoltà  D / IV+ ( IV+ obbl. )
Esposizione  Sud
Rifugio di appoggio  Giussani (in discesa)
Attrezzatura consigliata  Giorno dopo di ferie, tempo stabile, vari friend, nut e cordini, alcuni chodi
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Stavolta il solito tormentone delle vie lunghe, “Torno nel pomeriggio”, “Arrivo per cena”, “Non aspettarmi per mangiare faccio tardi”, si e’ risolto facilmente a meta’ pomeriggio con un “Ci vediamo domattina” in cui ho glissato accuratamente sul fatto di essere ancora in piena parete. Avremmo probabilmente bivaccato nei pressi della cima se questo non fosse il 3200 dolomitico piu’ agevole da scendere al buio, comunque non senza imprecazioni per nevai residui con ghiaccio ai bordi (su uno faccio un bel liscio evitando danni - pantaloni a parte - grazie ai miei trascorsi da portiere) e salti di roccette tutti bagnati. Cosi’ invece siamo riusciti ad arrivare all’auto per svenirci dentro.

Anche oggi c’era Marco a farmi da capocordata e navigatore, come e’ giusto che fosse perche’, per i nostri standard, la via e’ due gradi sotto per lui ed un grado sopra per me. Comunque il percorso mi e’ sembrato abbastanza evidente, ad eccezione della variante che segue (per come l’ho capita). Arrivati nell’ultima quinta del grande anfiteatro pensiamo di esserne usciti e, invece di continuare a traversare bassi, ci alziamo, attraversiamo un canale ripido di neve con le scarpette e il martello a fare da picca, e saliamo su camini per traversare nel punto piu’ alto sotto la parete verticale finale. Usciamo poi dall’anfiteatro su una forcella per una paretina repulsiva (foto 1), sul camino di sinistra. Questo tutto su roccia di qualita’ mediocre, a cui siamo abituati ma su gradi piu’ bassi. A differenza della roccia, le difficolta’ sul III-IV sono in pendant con il resto della via. Ovviamente, pensiamo che il traverso (foto 2) sia quello arcinoto, ed al terzo tiro da 30 malediciamo tutte le relazioni che danno 25 metri totali. Su un passaggio ho seri problemi, ed alla fine ne esco con un IV+ in cui e’ indispensabile che non salti una dubbia clessidrina (stra-testata prima, ma proprio brutta) in cui per un attimo ho entrambe le mani.

Il traverso ufficiale (foto 3) ci sembra una passeggiata defaticante a confronto di quello della nostra variante. Per il resto della via, il fatto che io riesca a salirla agevolmente, spesso di corsa, certifica a mio avviso che non si supera il IV, a parte il passaggio sul camino finale che dovrei studiare, secondo me IV+, ma si e’ fatta ora di cena e quindi azzero allegramente. Se dal basso della mia esperienza posso dare un consiglio a chi la vuole ripetere, tra l’altro credo in disaccordo con la mia guida, e’ evitare il piu’ possibile le protezioni intermedie nei punti in cui ci si sente sicuri, soprattutto nella parte bassa: non e’ il tempo perso per metterle (Marco a mettere un friend ci mette meno di me a rinviare su un chiodo di via), quanto il fatto che poi la corda fa attrito obbligando a fare tiri corti e a faticare di braccia per il recupero. Per la parte iniziale, chi volesse salire slegato conti che ogni tanto un raro passaggio sul IV salta fuori.

Foto 1: Invitante percorso alto della variante, con uscita sulla forcella sul lato sinistro.

Foto 2: Sul traverso della variante, in uno dei punti piu’ comodi.

Foto 3: Il capocordata in relax sul traverso omologato.
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