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   Pizzo Badile via Cassin, 4-5-6 agosto 2007
La parete nord est del Badile è uno dei miti dell'alpinismo. Quando si è immersi nelle sue placche tutto il mondo attorno scompare......




























Il meteo è di quelli che non lasciano scampo ad equivoci. O si va e si prova o non si va e si mette una pietra sopra alle voglie presenti e future di alpinismo.

L’idea di cominciare la pensione ancora non ci piace e così dopo mille tentennamenti e cambi di programma alla fine decidiamo di provare. Andiamo a fare una via che è decisamente superiore alle nostre capacità e al nostro allenamento. D’altronde gli anni passano e l’assorbimento di questa “relazione alpinistica triestino valtellinese” è stato lungo e faticoso e si fa decisamente sentire soprattutto nella mia testa. La mancanza di allenamento e soprattutto la mancanza di grandi pareti pesa come un macigno mentre preparo lo zaino per la cassin. Fino all’ultimo cerchiamo un amico con cui dividere gioie e fatiche della parete, Il peso dello zaino e soprattutto il peso di fare 30 tiri di corda da primo su difficoltà che sono al mio limite e su una parete famosa per le placche lisce………

Purtroppo nessuno risponde all’appello. E così decidiamo di andare e basta. In un modo o nell’altro ne verremo fuori. Ragionamento da bocia o da vecchi.

Arriviamo a sasc furà con tutta calma e passiamo il pomeriggio a prendere il sole. Passa il Mazinga con un gruppo eterogeneo e va a bivaccare sotto lo spigolo. Ci sono anche 2 bambini piccoli che il giorno dopo saliranno lo spigolo…..
Al momento di segnare i nomi sul libro del rifugio davanti a noi due ragazzi lombardi, uno della mia età e uno che ha 20 anni di più, segnano cassin sul libro. La giò commenta scaramanticamente che se ce la fa lui allora ce la possiamo fare anche noi. Sarà una gran profezia.

Poco alla volta la salita inizia a prendere la sua forma. Quella forma di assolutezza e affollamento che solo il Badile sa dare.
Decine di persone arrivano, si fermano, ripartono… Tutte con in testa una via sulla nord. E fra tutte arriva pure il Gianni, amico di falesia della Giò, assieme alla Sibilla. Ah la falesia mai finirò di lodarne l’importanza per l’alpinista medio. Cassin pure per loro. Detto fatto. Andremo via assieme.
Certo mai avrei pensato, immaginato, sperato… manco nei sogni più reconditi di bambino. Già fare la Cassin è un sogno. Un mito dell’alpinismo. La parete che di solito schiude il mondo della gran montagna ai ragazzi che si avvicinano all’alpinismo. Per me potrebbe essere il canto del cigno. Ma mai avrei pensato di poterla fare col Gianni. Solo andarci con Cassin stesso sarebbe un sogno più grande…

Ore 4 sveglia e colazione. Si va. Decine di persone e di lucine si muovono sui fianchi della montagna. Dal rifugio, dalle tendine attorno, dai buchi sotto i massoni alla base dello spigolo. Tutti salgono, ognuno col suo passo. Il nostro è un passo lento. Per caso siamo assieme ai 2 ragazzi che hanno preso il posto in rifugio con noi. Molti ci superano. Tanti sono dietro. Il nostro è un passo di chi non vuole sprecare energie e sa che la lotta sarà lunga e dura e non è sicuro di vincere… anche se avere Gianni vicino ti fa sembrare il Badile una montagna umana…

Alla fine siamo gli ultimi da attaccare. E probabilmente i più vecchi sulla parete. Per caso davanti abbiamo Roberto e Giovanni, dietro Gianni e Sibilla. In mezzo la Giò ed io. 3 Giovanni in 3 cordate in fila sul Badile. Il destino manda il suo segno. Faremo la salita assieme come un sol gruppo affiatato. E nessuno da fuori potrebbe immaginare che non ci siamo ancora conosciuti. Cercavamo un amico con cui condividere la parete. Abbiamo trovato un gruppo bellissimo.

Fin dalle prima lunghezze si capisce che il mito non è stato smontato dal tempo. I passi singoli non sono mai duri. Ma l’insieme si. Fino alla grande cengia a quasi metà via conto 9 chiodi di passaggio più 2 incastri rimasti. Alla faccia della via super chiodata e quasi banale che si legge un poco ovunque. Integrare non sempre è possibile. Ci sta tanta aria fra un rinvio e l’altro… inizio ad andare in agitazione
Ore 12 grande cengia. Non veloci ma neppure lenti. Alcune attese per coda ma nulla di preoccupante… Per ora… Tempo per parlare e per conoscersi.. ci sta il sole. Fa caldo.

Ore 14 grande cengia. Alla fine Roberto inizia ad andare. Sono passate 2 ore. La coda si è fatta sentire. Certo bella occasione per parlare in tedesco, inglese, francese, spagnolo e scambiare informazioni su vie e luoghi… ma ci stanno ancora 500 metri di Badile sopra. I tiri più duri…

Il tiro dopo la cengia è il più duro: V/A1 secondo le vecchie relazioni. Ci sono pochissimi chiodi e un paio di friends incastrati. Di artificiale manco l’ombra quindi. Alla faccia della via super chiodata. La sosta in cengia inoltre non ha fatto gran bene. Inizia a fare tardi. Esco dal tiro un pochino provato. Capisco che non la tiro fuori tutta. Un breve consulto e si decide di fare una unica cordata da 6 in modo da scaricare la stanchezza tirando un poco per uno. Inizia il Roberto che è un mito. Alla quarta uscita su roccia dell’anno… Va come un treno. E si prenderà carico di tirare la via fino a dopo il camino. Passaggi bellissimi e molto impegnativi. Un solo trattino facile in mezzo e siamo nel camino. Un budello stretto e massacrante. Roberto lascia lo zaino e tocca a me portarlo su. Faccio il budello con 2 zaini. A me i camini di solito vengono bene e pure qua non me la cavo male pur con un bel nuts formato 40 litri sotto i piedi.

Roberto ha fatto il suo e ormai è completamente cotto. Mancano pochi tiri, ma pure il tempo manca. Sarebbe meglio che vada avanti Gianni. Conosce la via e sicuro è molto superiore alla bisogna. Ma Gianni è indietro con le ragazze. Aspettarlo vuol dire perdere almeno 45 minuti. Cosa che non ci possiamo permettere. Quindi tocca a me. Paura, stanchezza? Voglia di essere altrove? Non si può pensare. Devo salire e pure in fretta. Parto per l’ultimo tiro di V. Fortuna qua qualche chiodo è rimasto dentro. Un tiro, due … prendo coraggio e inizio a vedere la fine. La cresta illuminata dal sole. Improvvisamente cambio marcia. Sento la vetta e avere il Gianni dietro, che so che mi può tirar fuori, mi dà slancio. Non percepisco più la fatica e non penso più alla paura. Inizio ad andare come nei momenti migliori. Esco in cresta illuminato dal sole del tramonto. Il granito rosso sotto le mani è di nuovo caldo. Decine di montagne ovunque. Un momento sublime della mia vita. Corro sugli ultimi tiri dello spigolo come fossi su un prato. Un freddo vento da nord e la luce che svanisce mi fanno tirare fuori guanti, berretto e goretex. E pure la frontale. Ma voglio arrivare in cima prima del buio. Roberto è sfatto, ma è grazie a lui che siamo qua. Giovanni non parla più da tanto che lo faccio correre. Dietro vedo le lucine del Gianni e delle ragazze. Mi fiondo verso la cima. Quando la corda finisce non mi fermo, continuo e trascino tutti sulla cresta finale. Vedo le lucine dei francesi sulla normale 100 metri sotto… Arriveranno al Giannetti alla 4 lasciando una corda rotta in parete che l’indomani gli restituiremo. Ci fiondiamo in bivacco. Metto via le corde e poi guardo l’orologio. Sono le 22 e siamo in movimento da 18 ore. Grazie all’aiuto reciproco siamo tutti e 6 in cima al Badile. Io non sarei mai riuscito a tirare tutta la via, Roberto si, ma non sarebbe mai arrivato in cresta prima di notte, Sibilla aveva paura prima ancora di partire e la prima parola che ha detto l’ha detta ormai in bivacco per l’estasi delle montagne attorno. Per il Gianni questa probabilmente sarà l’ultima Cassin.. ma vederlo così sereno e naturale è stato esaltante quanto la via stessa. La Giò era sempre allegra e tranquilla. Ma lei non fa testo. La sua incoscienza non ha limiti… basta non mandarla mai avanti, Giovanni era la macchietta del gruppo, ad ogni sosta faceva baruffa con la corda. Troppo forte per poterlo descrivere.

La notte sarà stretta, rumorosa e calda. Ma svegliarsi all’alba sulla cima del Badile con sotto il mare di nubi e sopra il cielo terso e in mezzo montagne a perdita d’occhio sono sensazioni che non si possono descrivere.
Il giorno dopo è un’altra storia. La normale con calma nel sole del mattino. Il Mario che sale e ci saluta sulle doppie, poi la foto sulla morena, la prima acqua. La mega pastasciutta dal Mimmo. La birra a Filorera… il recupero dell’auto e poi il Crotto a Chiavenna per una ultima chiacchierata con gli amici conosciuti solo 48 ore prima e con cui abbiamo condiviso una viaggio immenso…..

un viaggio che ormai pensavo non avrei affrontato mai più, nè sul Badile nè altrove....

Quel ricordo dell’arrivo sullo spigolo tutto illuminato dal sole con la parete buia sotto di me. Rimanere da solo per alcuni minuti nel tramonto sullo spigolo nord… sensazioni stupende tanto intense che mi sembra di non essermi mai spostato da quella sosta in quel momento...

E pian piano la voglia di ricominciare ritorna …… e che la pensione arrivi con i tempi del governo….

Partecipanti: espo e giò con sibilla giovanni roberto e GIANNI
by espo